di Franco Mostacci
pubblicato su Panorama.it
Lo stato dei conti pubblici, dopo le manovre correttive del 2010 e quelle di luglio e agosto 2011, non sembra mostrare particolari segni di cedimento. Anzi.
Nel rapporto del Ministero dell’Economia sulle entrate tributarie, aggiornato a settembre, si legge che nei primi nove mesi dell’anno sono stati incassati 5,6 miliardi di euro in più rispetto al corrispondente periodo del 2010, con un incremento del 2%.
E l’Agenzia delle entrate segnala un trend positivo nel recupero dell’evasione. Le entrate contributive sono cresciute di altri 4,4 miliardi di euro, il 2,9% in più rispetto allo scorso anno. Considerando che gli stipendi pubblici sono stati bloccati e il turn over praticamente azzerato, anche dal lato delle uscite i conti pubblici non possono che essere in via di miglioramento.
Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha dichiarato in Parlamento che il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche nei primi 10 mesi si è ridotto di 10 miliardi di euro e che, a legislazione vigente, l’avanzo primario, dopo due anni di rosso, tornerà quest’anno in positivo dell’1% rispetto al Pil, salendo al 3,4% nel 2012, al 4,9% nel 2013 e al 5,2% nel 2014. Una performance che pochi paesi europei riusciranno a realizzare.
Un quadro d’insieme che, però, mal si concilia con l’annuncio del premier Monti nel salotto televisivo di Porta a Porta dove, illustrando la sua manovra correttiva, ha paventato il rischio che da qui a tre mesi non ci sarebbero stati più soldi per stipendi e pensioni. Una situazione che l’ex ministro Tremonti, di cui intanto si sono perse le tracce, e il suo direttore generale Vittorio Grilli (lo stesso ora promosso vice ministro all’Economia), che godevano del pieno appoggio della Commissione Europea, avevano sottovalutato? Difficile da credere.
La necessità di far cassa è dovuta in realtà solo all’esigenza di rifinanziare il debito pubblico a condizioni più svantaggiose del passato, senza che ci sia un motivo legato all’economia reale, con la conseguenza che tutte le recenti manovre restrittive ed inique, compresa l’ultima, rischiano di proiettare definitivamente il nostro paese nella recessione.
Sale infatti a 205 miliardi di euro (140 di maggiori entrate e 65 di minori spese) l’impatto complessivo nel triennio 2012-2014 dei tre interventi correttivi del 2011, che consentiranno di ridurre l’indebitamento netto e raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 . Soldi sottratti alle tasche degli italiani non per migliorare le loro condizioni di vita o quelle dei loro figli, ma per trasferirli in quelle di insaziabili speculatori finanziari nazionali e internazionali. Gli stessi che provocano ad arte le turbolenze sui rendimenti dei titoli pubblici italiani.