La ricetta di Brunetta, i conti non tornano

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

brunetta3

Nel convegno “Una riforma per la crescita”, che si è svolto alla Scuola superiore della P.A., il ministro Brunetta ha affermato che “con grande responsabilità, ha aumentato la produttività e l’efficienza della P.A. per poter conseguire una riduzione di spesa (necessaria) senza ridurre la qualità dei servizi erogati dallo Stato, anzi aumentandola”.Tra il 2008 e il 2013 stima una riduzione dei dipendenti pubblici di oltre 300mila unità (-8,4 %), per effetto delle misure in materia di blocco del turnover, contratti di lavoro flessibile e collocamento a riposo ed un riallineamento della dinamica delle retribuzioni con il settore privato rispetto al 2000.

Tutto questo si traduce in un aumento medio di produttività annua del 2% circa.

Il ministro è persona troppo intelligente per nascondersi dietro a numeri e affermazioni apodittiche. Che le cose non stanno così lo dicono due autorevoli studi.

Il primo “Measuring the Public Administration. A study on Italy”, dell’Ocse, presentato proprio da Brunetta nel corso del convegno, evidenzia che una misura della produttività della spesa pubblica è difficile in mancanza di dati sulla qualità, prezzo e quantità dei servizi resi1.

Il secondo, “Le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Tendenze e confronti con il settore privato”, mostra che il riallineamento prospettato della dinamica retributiva non tiene conto dell’andamento sfavorevole al settore pubblico negli anni ’902 e dei livelli stipendiali comunque più bassi rispetto al privato3.

In realtà, quello che il ministro Brunetta tenta di spacciare per riforma della PA è solo una riduzione della spesa pubblica, ottenuta tagliando i servizi e gli stipendi reali e negando opportunità di lavoro ai giovani.

Basta osservare quanto sta avvenendo nella scuola, università ed enti pubblici di ricerca.


Note
1 Better measurement is needed to fully understand and track opportunities for productivity gains in public administration. Unfortunately, measuring government productivity is difficult due to a lack of data on the quality, price and quantity of outputs– data that are necessary to estimate productivity. Much of government production happens outside of a market, meaning that no price data exist for outputs. In addition, government outputs are often intangible, such as diplomacy or negotiations, making measurement difficult. As a result, government productivity is often assumed to be one as outputs are set equal to inputs (pag. 111).
…..
Similar   to   other   OECD   countries,  the  extent  to  which  the  potential  macroeconomic  benefits  will  be  realised  in  Italy   is   difficult   to   determine.   First,   it   is   difficult   to  estimate   the   potential effectiveness   of   the   Italian   reforms   based   on   the   experience   of   other  countries   due   to   a   general   lack   of   evidence   on   the   efficacy   of   public  administration  reforms  at  improving  performance.  Second,  the  magnitude  of  the  potential  macroeconomic  benefits  expected  as  a  dividend  of  the  reform  is  unknown  and  depends  on  the  extent   to  which   Italian   public   administration  reforms  affect  productivity  and  efficiency  in  government  policy  sectors  and  in the  private  sector.  Third,  the  effectiveness  of  the  Italian  reforms  will  depend  on  their  sustained  implementation,  which  is  currently  under  way (pag. 117)

2 Golino, Minicucci, Tronti (2007), “Le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Tendenze e confronti con il settore privato”.
…esaminando l’evoluzione dei tassi annui di variazionesi possono identificare nettamente tre cicli di crescita (da picco a picco) delle retribuzioni pubbliche. Il primo, corrispondente al quinquennio 1991-1996 (disdetta della scala mobile, varo del nuovo sistema e blocco temporaneo della contrattazione pubblica), è caratterizzata da una crescita annua per i dipendenti pubblici (3,9%) sensibilmente inferiore a quella dell’industria e dei servizi market oriented (5,6% in entrambi i casi); nel secondo (periodo 1996-2001), mentre nel settore privato rallenta (il tasso di crescita medio annuo scende al 3,3% nell’industria e al 3,1% nei servizi), nel settore pubblico – pur con le discontinuità legate ai ritardi nei rinnovi – la crescita salariale accelera, anche con l’obiettivo dichiarato di recuperare almeno in parte le relatività originarie, e si porta in media al 4,1% annuo; nel terzo ciclo (2001-2006) prosegue il rallentamento nell’industria (2,8%) e nei servizi market (2,5%), ma nel pubblico impiego le retribuzioni continuano ad accelerare (4,3% l’anno). Queste evidenze segnalano che alla fase di caduta della retribuzione relativa dei dipendenti pubblici (1991-1995) ha fatto seguito una fase di parziale recupero (1996-1997), seguita da un’ulteriore fase di ridimensionamento (1998-1999) e quindi da un lungo periodo di crescita intensa (2000-2006). Qual’è stato il risultato complessivo di queste differenti fasi di rincorsa retributiva pubblico privato? … i valori cumulati delle retribuzioni lorde annue per unità di lavoro percepite nel periodo considerato dai dipendenti del settore pubblico, dell’industria e dei servizi market, consente di rilevare agevolmente che, nonostante il notato recupero nei tassi di crescita posto in atto a partire dal 2000, nel 2006 il pubblico impiego risulta ancora ridimensionato, rispetto agli occupati dell’industria e dei servizi privati, per circa un’annualità di retribuzione (nella media del periodo), dato che la differenza tra il monte retributivo cumulato è del 6,5%.

3Ibid. Gli andamenti retributivi relativi nel corso del tempo, tuttavia, non sono sufficienti ad assicurare un esame comparativo sufficientemente approfondito: come è ovvio, è necessario considerare anche i differenziali di livello delle retribuzioni e gli effetti che le dinamiche hanno su di essi. … Nel 2005, grazie all’accelerazione delle retribuzioni pubbliche, i differenziali si riducono sostanzialmente. Quello con il totale industria si annulla e quello con il totale servizi si dimezza, riducendosi a sette punti. Tuttavia, al netto dell’occupazione operaia, lo svantaggio dei dipendenti pubblici rimane quasi invariato: 30 punti in meno rispetto agli impiegati delle grandi imprese industriali, 17 punti in meno rispetto a quelli delle grandi imprese dei servizi market.

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