di Franco Mostacci
pubblicato su LaVoce,Info Alle europee vince chi convince gli scoraggiati
pubblicato su Foglietto della Ricerca Alle Europee caccia agli scoraggiati per vincere
Il gradimento elettorale dei partiti viene normalmente misurato in termini percentuali, un numero di immediata comprensione. Ma per arrivare alla percentuale bisogna prima vedere i voti complessivamente raccolti e come si sono distribuiti tra le diverse compagini.
In un contesto, come quello attuale, in cui si assiste a una progressiva diminuzione nel tempo del numero di votanti, un partito può vedere crescere la propria percentuale a parità di voti rispetto al passato, o anche in caso di una loro riduzione.
Alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, ci si attende che andrà a votare non più di un elettore su due, visto che furono il 54,5% nel 2019, peraltro con un’ampia differenza tra il 62,7% nel Nord Ovest e il 34,9% nelle Isole.
L’analisi del voto alle europee del 2019 e confermata alle più recenti politiche del 2022, mostra che in tutte le grandi città l’affluenza è maggiore al crescere del reddito (retta inclinata verso l’alto), con una tendenza ancora più accentuata per le città a minor reddito.
Elezioni europee del 26 maggio 2019 – Affluenza nelle grandi città rispetto al reddito(*)
(*) Elaborazione su redditi medi Irpef 2019 per codice di avviamento postale (Ministero dell’economia – Dipartimento delle Finanze)
Alle europee del 2019, la maggiore partecipazione al voto fu registrata a Firenze e Bari, dove si votava contemporaneamente anche per il rinnovo del Sindaco (come avverrà anche quest’anno), peraltro le uniche due in cui il rapporto tra voti e redditi – in particolare nel capoluogo toscano – è invertito. A Napoli e Palermo non si andò oltre il 40% e le grandi città fecero registrare una percentuale di circa due punti inferiori alla media nazionale, anche per la maggiore presenza di residenti all’estero iscritti nelle liste anagrafiche.
La maggiore disaffezione al voto da parte dei meno abbienti è aumentata alle più recenti elezioni politiche e potrebbe crescere ancora il prossimo giugno.
Sotto un profilo sociologico la motivazione potrebbe derivare da una dissonanza tra le proposte politiche e le esigenze dell’elettore. Chi ha maggiori bisogni primari da soddisfare, perché le risorse economiche di cui dispone sono insufficienti, non è interessato ad ascoltare dibattiti e proposte su tematiche di più ampio respiro. Questo vale maggiormente per il rinnovo del Parlamento europeo, un’entità percepita come troppo lontana e non in grado di incidere sulla quotidianità delle persone. Non meraviglia, quindi, che molti alla fine decidano di non votare.
Poiché, come detto, l’affluenza alle urne ha una relazione di proporzionalità con il reddito, non tutti gli schieramenti politici sono ugualmente colpiti da una minore partecipazione nelle zone periferiche e più popolari delle grandi città.
Una misura approssimativa del reddito degli elettori di ciascuna lista, che chiameremo reddito «caratteristico», si può ottenere pesando il valore medio di ciascuna zona cittadina (individuata dal Cap) per i voti ricevuti.
Elezioni europee del 26 maggio 2019 – Reddito «caratteristico» 2019 degli elettori nelle grandi città per le principali forze politiche(*)
(*) Elaborazione su redditi medi Irpef 2019 per codice di avviamento postale (Ministero dell’economia – Dipartimento delle Finanze)
Il Movimento 5 Stelle potrebbe pagare il prezzo maggiore di un ulteriore calo dell’affluenza, considerando che i suoi elettori hanno un reddito «caratteristico» di gran lunga inferiore a quello degli altri schieramenti.
Viceversa, i partiti del centro sinistra, che nelle grandi città riescono a conseguire risultati superiori alla media nazionale, anche grazie al loro elettorato a più alto reddito, potrebbero limitare i danni in senso assoluto e guadagnare in termini percentuali.
I più recenti sondaggi sulle intenzioni di voto mostrano una situazione tutto sommato cristallizzata rispetto alle elezioni politiche del 2022, con una percentuale di indecisi intorno al 40%. Ma, poiché quelli che non andranno a votare saranno molti di più, i rapporti tra le forze politiche saranno sicuramente diversi e il fattore astensionismo potrebbe risultare determinante, in negativo o in positivo, soprattutto per coloro che ballano intorno alla soglia di sbarramento del 4% (Alleanza verdi e sinistra; Stati uniti d’Europa; Azione).
Tutti gli schieramenti in campo, anziché adoperarsi per sottrarre voti agli altri competitor, farebbero meglio a provare a convincere con serie argomentazioni la metà degli italiani che alla fine diserteranno le urne. La scarsa affluenza elettorale è una sconfitta per l’intera democrazia, ma in particolare per coloro che vedranno ridursi i loro consensi in misura maggiore degli altri.