Reddito di cittadinanza: le conseguenze dell’abolizione

di Franco Mostacci
pubblicato su LaVoce.info

redditocittadinanza

Il Reddito di cittadinanza è stato uno strumento cruciale per contenere il disagio economico di molte famiglie nella pandemia. Le misure che lo sostituiscono potrebbero causare un aumento della povertà assoluta e una maggiore concentrazione del reddito. 

Pregi e limiti del Rdc

Il Reddito di cittadinanza (Rdc), la misura bandiera per il sostegno al reddito del Movimento 5 stelle, è stato definitivamente cancellato dal primo gennaio 2024 dal governo di centrodestra, sostituito con l’Assegno di inclusione (AdI), al quale si aggiunge un Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) destinato ai soggetti definiti occupabili.

Secondo un recente studio della Banca d’Italia, per effetto della revisione, le misure di contrasto alla povertà avranno una portata più limitata, causando una riduzione della platea dei potenziali beneficiari (da 2,1 a 1,2 milioni di nuclei familiari) e – a parità di condizioni – un aumento della povertà assoluta e una maggiore concentrazione del reddito. Sulle spalle dei soggetti più deboli, lo stato risparmierà a regime circa 1,7 miliardi di euro.

Il Rdc, introdotto nel 2019 insieme alla pensione di cittadinanza, ha mostrato alcuni limiti sia nella fase di implementazione che in quella di realizzazione, soprattutto per la mancanza di controlli preventivi sul possesso dei requisiti da parte dei richiedenti, che hanno prestato il fianco ai numerosi detrattori. Critiche sono arrivate anche per il flop sulle politiche attive del lavoro, la scarsa utilità dei navigator e la mancata attivazione da parte dei comuni dei progetti utili alla collettività (Puc), ma queste misure sono state invero ostacolate dallo scoppio della pandemia a inizio 2020.

Il Rdc poteva sicuramente essere costruito e gestito in maniera migliore, ma non si può negare il suo ruolo di stabilizzatore sociale, soprattutto negli anni del Covid, che hanno causato pesanti contraccolpi al mondo del lavoro e al reddito delle famiglie.

Eppure, già allora il 45,9 per cento delle persone intervistate in occasione dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia prevedeva che il Rdc sarebbe stato cancellato di lì a breve, come in effetti è accaduto, con una prevalenza da parte di chi non ne beneficiava. Un quinto dei rispondenti riteneva che potesse essere mantenuto in vigore tra i tre e i dieci anni e poco più di un terzo auspicava che durasse più a lungo o per sempre.

Tabella 1 – Previsione della durata di mantenimento in vigore del Reddito di cittadinanza/Pensione di cittadinanza per tipologia di rispondente (valori percentuali)
2023_effettirdc_t1
Fonte: Elaborazione su dati Banca d’Italia – Indagine sui bilanci delle famiglie italiane per l’anno 2020

Gli effetti della misura

La distribuzione del reddito disponibile per decili (ogni decile comprende un ugual numero di famiglie ordinate rispetto al reddito) mostra l’entità della disuguaglianza. Nel 2020, il reddito medio delle famiglie è stato di 39.274 euro, ma se le più ricche superavano i 130 mila euro, le più povere si sono dovute accontentare di 7 mila e 500 euro.

Tabella 2 – Redditi medi familiari e importi medi dei sussidi per decili di popolazione (famiglie) – Anno 2020 (euro e valori percentuali)
2023_effettirdc_t2
Fonte: Elaborazione su dati Banca d’Italia – Indagine sui bilanci delle famiglie italiane per l’anno 2020

Nel 2020, le famiglie italiane hanno ricevuto mediamente 355 euro di sussidi aggiuntivi rispetto a quelli già in vigore, quasi l’1 per cento del loro reddito. Ai 227 euro del Reddito di cittadinanza, che ha interessato il 3,7 per cento dei nuclei, si sono aggiunti 101 euro per specifiche categorie di lavoratori ai quali il lockdown aveva impedito o ridotto l’attività (6,2 per cento di nuclei), 7 euro per il reddito di emergenza, 7 euro per la cura dei bambini (babysitter e centri estivi) e 13 euro per i bonus spesa e vacanze.

L’ammontare dei sussidi ha un impatto differenziato a seconda del reddito. Per gli appartenenti al primo decile, il Reddito di cittadinanza, percepito da quasi un nucleo su cinque, vale 890 euro e i sussidi ricevuti rappresentano nel loro complesso il 14,2 per cento del reddito disponibile. Senza di essi, il reddito (già basso) si sarebbe ulteriormente ridotto a meno di 6 mila e 500 euro. All’aumentare del reddito, l’incidenza dei sussidi si riduce, assolvendo al loro compito di sostenere economicamente soprattutto i nuclei più disagiati.

L’Indagine campionaria sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia mostra che tra il 2016 e il 2020 il reddito disponibile reale delle famiglie è cresciuto mediamente del 2,6 per cento.

L’andamento della curva della crescita del reddito, ovvero la variazione del reddito disponibile depurato dalla variazione dei prezzi (attraverso il deflatore dei consumi) cumulata per decile, mostra gli effetti della distribuzione. Se la curva è piatta, l’aumento del reddito è uguale per tutti; se è decrescente, ha favorito le classi meno abbienti; se è crescente, quelle più ricche; se è convessa, si sono avvantaggiate le classi medie.

Figura 1 – Curve della crescita – Variazione del reddito disponibile medio familiare reale cumulato per decile di popolazione (famiglie) nel 2020 rispetto al 2016 (valori percentuali)
2023_effettirdc_f1
Fonte: Elaborazione su dati Banca d’Italia – Indagine sui bilanci delle famiglie italiane per l’anno 2020

Nel 2016 non esisteva ancora alcuna misura di sostegno al reddito per le famiglie in stato di necessità. Il Reddito di inclusione (Rei) fu introdotto nel 2018 impegnando circa 2 miliardi di euro e poi soppiantato nel 2019 dal Reddito di cittadinanza, entrato pienamente a regime nel 2020, in coincidenza con l’inizio della pandemia, con una spesa di 7,2 miliardi di euro, ulteriormente salita oltre gli 8 miliardi nel biennio successivo.

Per effetto di tali misure, le famiglie più povere hanno visto aumentare il loro reddito disponibile reale del 17,7 per cento rispetto al 2016, a fronte di una variazione media del 2,6 per cento. Al crescere del reddito la variazione cumulata diminuisce, ma la tendenza si inverte nel segmento finale grazie all’aumento del reddito del decimo di popolazione più ricca (cresciuto del 5,5 per cento).

La situazione cambia se dal reddito si sottrae l’assegno di cittadinanza ricevuto. Resta sempre un leggero vantaggio per gli appartenenti al primo decile, subito azzerato quando si cumulano i primi due. Per il resto l’andamento è piatto, a parte l’aumento finale che porta la media all’1,8 per cento.

Se poi si sottraggono anche le altre misure sociali straordinarie messe in campo per fronteggiare le conseguenze dell’emergenza pandemica, l’incremento del reddito disponibile reale tra il 2016 e il 2020 si riduce ulteriormente a 1,5 per cento e gli unici ad aver conseguito una crescita sono stati, di fatto, i più ricchi.

Mentre i nuclei più agiati possono far fronte a una diminuzione temporanea del loro reddito attingendo al risparmio accumulato negli anni, questo è molto più difficile – se non impossibile – per i più poveri, che in mancanza di aiuti non hanno altra scelta se non quella di rinunciare ad alcune spese, spesso essenziali.

In conclusione, il Reddito di cittadinanza – al quale si sono aggiunte nel 2020 altre misure di sostegno, per lo più una tantum – si è dimostrato uno strumento fondamentale per contenere il disagio economico di molte famiglie in un momento di estrema difficoltà come quello sperimentato durante la pandemia. Semmai, sarebbe stato meglio rimuovere le restrizioni imposte alla scala di equivalenza per contenere i costi della misura, consentendo anche alle famiglie più numerose ingiustamente penalizzate, di accedere al sussidio.

Il timore che l’Assegno di inclusione recentemente istituito, insieme al Supporto economico per la formazione e il lavoro, siano insufficienti a garantire lo stesso livello di sussidio raggiunto dal reddito di cittadinanza appare più che fondato, condannando alla povertà e all’esclusione sociale i ceti più deboli.