di Franco Mostacci
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Come accade ogni anno, il 21 novembre 2023 la Commissione europea ha pubblicato la tavola statistica che riassume i valori di alcuni indicatori chiave, per ciascuno dei 27 paesi dell’Unione europea[1] (scoreboard).
Tali numeri sono presi a riferimento per la Relazione sul meccanismo di allerta – punto di partenza dell’attività di sorveglianza per il coordinamento delle politiche economiche[2] – in cui si individuano i Paesi che saranno sottoposti ad analisi più particolareggiate e complete (in depth review) per poi formulare raccomandazioni specifiche per gli Stati in cui si riscontrano squilibri macroeconomici eccessivi[3].
Un meccanismo un po’ farraginoso che, finora, non ha prodotto molti risultati concreti[4], ma che comunque consente di tenere sotto osservazione l’evoluzione di alcuni aspetti macroeconomici e individuare alcune criticità.
Va anche considerato che, nonostante l’attenzione posta dalla Commissione europea alla salvaguardia dell’ambiente, con gli obiettivi ambiziosi del Green New Deal e del Fit for 55%, in ordine al rispetto degli accordi di Parigi sulla decarbonizzazione, i cambiamenti climatici e la realizzazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il quadro di valutazione è incentrato solo sugli aspetti macroeconomici, prescindendo dalla sostenibilità dello sviluppo.
Si tratta di una limitazione al coordinamento delle politiche economiche non più giustificabile, soprattutto in considerazione del fatto che il 37% dei 750 miliardi di sussidi e prestiti previsti da Next Generation EU, deve essere impiegato in progetti di salvaguardia o recupero ambientale, la cui effettiva realizzazione andrebbe monitorata.
La revisione del Patto di stabilità e crescita dell’UE, rappresenta poi un’occasione persa di riconsiderare gli indicatori di squilibrio macroeconomico presi a riferimento.
L’obiettivo dello scoreboard è quello di evidenziare ogni tendenza che possa determinare sviluppi che hanno – o potrebbero avere – effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione. Se lo squilibrio diventa eccessivo può mettere a repentaglio il corretto funzionamento dell’Unione economica o monetaria.
Il meccanismo di allerta per l’individuazione e il monitoraggio degli squilibri comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari (14 indicatori principali e 25 ausiliari).
L’attuale quadro di valutazione considera due aspetti fondamentali di un Paese (prospetto 1):
- squilibri esterni e competitività (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esportazione, costi unitari del lavoro);
- squilibri interni e occupazione (prezzi delle abitazioni, flusso dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazione delle passività del settore finanziario, tasso di attività 15-64 anni, tasso di disoccupazione di lunga durata, tasso di disoccupazione giovanile).
Prospetto 1 – Indicatori principali per tipologia di squilibrio e valore limite
Per i 14 indicatori principali sono state definite delle soglie indicative (massime e minime di allerta), superate le quali si individua una condizione di squilibrio.
Tavola 1 – Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici – Anno 202
Fonte: Commissione europea, Eurostat e DG ECFIN (per gli indicatori sul tasso di cambio effettivo reale)
Il quadro di valutazione preso a riferimento per il Semestre europeo 2024 (tavola 1) è riferito al 2022, anno caratterizzato dal superamento dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid19 e dallo scoppio del conflitto in Ucraina, che ha provocato tensioni sui mercati internazionali e il ritorno dell’inflazione[5], sotto la spinta dei prezzi dei prodotti energetici.
Nel 2022, l’economia dell’Unione europea si è consolidata con il Pil in crescita del 3,4%, dopo il rimbalzo del 2021 (+6%) conseguente al crollo del 2020 (-5,6%) per il lockdown pandemico.
In questo contesto, l’Ungheria oltrepassa il valore di soglia per ben 5 indicatori su 14 (erano 6 lo scorso anno), al pari di Cipro (uno in più) e Spagna (uno in meno). Il Paese più virtuoso, Malta, non presenta alcun valore superiore al limite (come nel 2021), seguito dalla Polonia con uno. L’l’Italia che tra il 2016 e il 2020 aveva fatto registrare 2 squilibri, dal 2021 passa a tre: il debito pubblico in rapporto al Pil; la variazione triennale del tasso di occupazione della popolazione in età attiva 15-64 anni; la quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi, che negli ultimi cinque anni si è ridotta di oltre l’8%.
Più in generale, nel 2022 si sono registrati 81 squilibri per i 27 Stati dell’Ue (con una media di 2,9 squilibri per Paese), con un progressivo ritorno alla normalità rispetto ai 2 anni precedenti, caratterizzati dall’emergenza sanitaria (rispettivamente 100 nel 2020 e 99 nel 2021).
Quando il livello di guardia di un indicatore è superato da numerosi paesi la situazione di criticità investe l’Unione Europea nel suo complesso: è il caso della variazione triennale del costo del lavoro oltre il 9% che riguarda 18 Paesi su 27; del debito pubblico superiore al 60% del Pil (13 Paesi); del debito privato superiore al 133% del Pil (10 Paesi) e degli squilibri negativi o positivi della bilancia commerciale (9 Paesi).
Il set di indicatori considerato non è sicuramente esaustivo per monitorare il quadro macroeconomico, oltre alla già citata assenza di indicatori della sostenibilità ambientale. Basti pensare all’assenza del tasso di interesse sul debito pubblico che condiziona la sostenibilità del servizio del debito[6], di indicatori sulla situazione finanziario-patrimoniale del sistema del credito[7] o più in generale sull’esposizione finanziaria del Paese[8].
Un sistema di monitoraggio degli squilibri macroeconomici dovrebbe anche considerare le situazioni di dumping fiscale[9] e lavorativo, che alterano le pari opportunità di sviluppo delle economie europee.
Eccezioni possono essere mosse anche rispetto alla qualità degli indicatori, atteso che non tutti derivano da statistiche omogenee derivanti dall’applicazione di un regolamento comunitario[10] o all’esistenza di correlazioni tra alcuni di essi.
Inoltre, non sembrano essere presi in debita considerazione gli effetti negativi di trasmissione sugli altri paesi dei guadagni di competitività registrati da alcuni per effetto di condizioni favorevoli o di una legislazione non uniforme.
Quali che siano le potenzialità e i limiti dell’attuale monitoraggio degli squilibri eccessivi, resta, comunque, il fatto che le tavole con gli indicatori non si prestano a facili raffronti tra paesi.
Considerando il solo numero di violazioni, non è possibile determinare quale Paese ha una situazione macroeconomica migliore, misurare l’intensità dello squilibrio o comprendere se un Paese sta migliorando o peggiorando nel tempo la propria situazione. L’Italia ha solo tre indicatori fuori norma, ma viene ugualmente sottoposta tutti gli anni a in depth review.
Per avere una valutazione caratterizzata da una maggiore oggettività, è possibile elaborare un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, attribuendo un punteggio ad ogni Paese[11]. L’indicatore sintetico può essere visto come uno strumento supplementare per controllare se le scelte effettuate dalla Commissione siano coerenti con lo sguardo d’insieme.
Il valore medio ottenuto sintetizza l’ampiezza dello squilibrio e può essere usato per il confronto con gli altri paesi (in termini di differenze o di ranking) o per valutarne l’evoluzione nel tempo.
Attraverso l’indicatore sintetico è possibile anche acquisire ulteriori elementi utili a valutare quale paese sottoporre ad analisi approfondita (in depth review).
A seconda del punteggio (tavola 2), i Paesi sono classificati in tre livelli di squilibri: assente (verde), presente (giallo) e eccessivo (rosso)[12].
Rispetto al 2021, ancora caratterizzato dalla crisi pandemica, la situazione degli squilibri è alquanto migliorata: i valori positivi sono 19 (cinque in più dello scorso anno), 8 quelli in cui è presente uno squilibrio moderato (due in meno) e scompaiono quelli eccessivi che nel 2021 caratterizzavano Grecia, Lettonia e Lussemburgo).
Tavola 2 – Indice sintetico di squilibrio macroeconomico – Anni 2013-2022
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
Al primo posto nel 2022 troviamo Malta, in recupero negli ultimi 3 anni, che scavalca la Finlandia (ai vertici nei tre anni precedenti). Al terzo posto si conferma la Polonia, che recupera 2 punti, seguita da Austria (che migliora di 22 punti), Danimarca e Slovenia. Seguono altri 14 Paesi – tra cui Germania, Italia, Spagna e Francia – che non presentano squilibri considerevoli (fascia verde).
Analizzando l’intera decade, la tavola rispecchia abbastanza fedelmente le situazioni di criticità di alcuni paesi europei. Italia, Croazia, Spagna e Portogallo hanno vissuto una situazione di squilibrio macroeconomico grave e persistente dal 2013 al 2014, ultimi strascichi della crisi finanziaria del 2008 e dei debiti sovrani (2010-2011). Lo stesso si è visto in Irlanda, Cipro e Grecia (2013-2015), Bulgaria (2013) e Slovenia (2013). Tra il 2016 e il 2019, gli effetti della ripresa economica hanno normalizzato molte situazioni che in precedenza erano maggiormente a rischio (nel 2013 si contavano 10 situazioni di grave squilibrio con punteggio superiore a 100). La crisi pandemica del 2020 (5 squilibri gravi) non sembra aver prodotto gli stessi effetti devastanti sul quadro macroeconomico e soprattutto si sono dimostrati di breve durata, visto che sono tutti rientrati nei due anni successivi.
Nel 2022 il punteggio medio (60) è migliorato di 13 punti rispetto al 2021, tornando ai livelli del 2016 e lasciando intravedere margini di ulteriore riduzione per gli anni a venire (figura 1).
I Paesi dell’Eurozona presentano una situazione di squilibrio costantemente superiore a quelli che non hanno ancora adottato la moneta unica, che tende ad aumentare in caso di difficoltà. Il divario massimo rispetto ai Paesi no Euro è stato di 37 punti nel 2014 e 34 nel 2020. Nel 2022 l’Eurozona ha recuperato 17 punti, mentre gli altri Paesi dell’Ue solo 4, riducendo la differenza ad appena 10 punti.
Figura 1 – Punteggio standardizzato medio per appartenenza o meno all’Eurozona – Anni 2013-2022
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
In generale l’Eurozona soffre particolarmente gli squilibri interni e relativi all’occupazione (soprattutto debiti del settore privato e debito pubblico), mentre gli altri Paesi hanno punteggi maggiori sugli squilibri esterni e la competitività, principalmente riguardo al costo del lavoro.
In particolare, nel 2022 si è registrato una diminuzione degli squilibri per i prezzi delle abitazioni, il tasso di attività, l’esposizione finanziaria e il tasso di disoccupazione giovanile, mentre la situazione si è deteriorata soprattutto per il tasso di cambio effettivo, il costo del lavoro e la quota di export mondiale.
Figura 2 – Punteggio standardizzato per tipologia di squilibrio per il 2022 e confronto con il 2021
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
Nel 2022, l’indicatore sintetico di squilibrio macroeconomico varia tra i 35 punti di Malta e i 91 della Grecia (figura 2). L’Italia, con 55 punti (37 meno dello scorso anno) si posiziona al nono posto nell’eurozona, recuperando diverse posizioni.
Molti paesi nel 2022 hanno ridotto il proprio squilibrio complessivo, in particolar modo il Lussemburgo (da 112 a 54), la Lettonia (da 122 a 74), l’Italia, la Svezia, il Portogallo e l’Austria. In lieve peggioramento solo 6 Paesi, l’Estonia (da 79 a 90), la Croazia, la Bulgaria, la Romania, la Repubblica Ceca e di appena un punto la Francia.
Nella graduatoria dello squilibrio economico (tavola 3), al primo posto torna Malta, già ai vertici tra il 2013 e il 2017, che migliora nel saldo delle partite correnti, i prezzi delle abitazioni e le passività del settore finanziario, ma vede crescere il tasso di cambio effettivo reale.
Al secondo posto la Finlandia che perde una posizione, con squilibri eccessivi nel debito del settore privato e della pubblica amministrazione.
Tavola 3 – Graduatoria dello squilibrio macroeconomico – Anni 2013-2022
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea – In marrone chiaro i paesi che non appartengono all’eurozona
L’Italia recupera dieci posizioni, dopo essere precipitata nella parte bassa della classifica con l’inizio della pandemia.
La Germania, che era al primo posto nel 2011, si trova ora in settima posizione, meglio dello scorso anno, con tre squilibri eccessivi, quello storico dell’avanzo della bilancia commerciale, che resta al 6,3% del Pil (media triennale), al quale si aggiungono la quota di mercato delle esportazioni (-13% in cinque anni) e il debito pubblico.
Nelle ultime 12 posizioni si trovano 10 Paesi dell’Eurozona, con le uniche eccezioni di Ungheria e Repubblica Ceca che nell’ultimo anno hanno perso diverse posizioni. Al contrario il Lussemburgo ne ha riguadagnate 14.
Tavola 4 – Punteggio standardizzato per indicatore di squilibrio macroeconomico – Italia – Anni 2013-2022
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea
Nel 2022 l’Italia, pur mantenendo lo stesso numero di squilibri macroeconomici (3), migliora il risultato dello scorso anno, tornando a un punteggio medio aggregato di poco superiore al periodo 2016-2019.
A pesare è come sempre il debito pubblico (141,7% del Pil), pari a circa 2,4 volte la soglia. Peggiora la quota di mercato mondiale delle esportazioni di beni e servizi, che perde l’8,4% rispetto a cinque anni prima, mentre si riduce lo scompenso del tasso di attività (15-64 anni) tornato praticamente ai livelli del 2019. Segnali di miglioramento si colgono nel saldo delle partite correnti, il prezzo delle abitazioni e le passività del settore finanziario.
Gli squilibri interni e quelli relativi all’occupazione continuano a rappresentare i fattori preponderanti che spiegano il 68% del punteggio medio nel 2022, il valore inferiore più basso degli ultimi dieci anni, come nel 2016. Su tutti il debito delle amministrazioni pubbliche, il tasso di attività, ma anche il livello di disoccupazione (prossimo alla soglia massima di tolleranza) e il debito del settore privato.
Tra i fattori esterni e dovuti alla competitività, si registra, come detto, una perdita della quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi e un miglioramento del saldo delle partite correnti, con una media triennale di +1,6%.
Conclusioni
Sebbene lo scoreboard abbia natura puramente indicativa e vada letto insieme ai 25 indicatori ausiliari e al quadro macroeconomico attuale, l’individuazione di squilibri eccessivi e la adozione di conseguenti misure correttive, possono trarre giovamento dalla trasformazione degli indicatori in un punteggio unico standardizzato per paese.
La decisione della Commissione europea di inviare un paese ad una analisi approfondita successiva, anziché su una base discrezionale motivata, come avviene ora con la Relazione sul meccanismo di allerta[13], potrebbe essere ricondotta a criteri più oggettivi come l’indice proposto, aggiungendo – se del caso – un peso legato all’importanza di ciascun indicatore rispetto agli altri[14].
In un’ottica di sviluppo sostenibile, la valutazione dovrebbe anche includere indicatori sui risultati conseguiti in termini di decarbonizzazione dell’economia e più in generale nel contrasto ai cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente.
Il superamento di un punteggio medio superiore a 70 (zona gialla o rossa), l’aumento rispetto all’anno precedente (deterioramento dello squilibrio), il peggioramento relativo rispetto agli altri paesi (perdita di posizioni nella graduatoria), sono tre fattori che, grazie all’indicatore sintetico, evidenziano, presi singolarmente o nel loro insieme, la necessità di approfondire le cause di squilibrio e le conseguenze sull’economia del paese o dell’intera Unione europea.
Lo shock causato dalla pandemia da Covid19 che ha provocato nel 2020 un aumento generalizzato degli squilibri macroeconomici, è stato quasi completamente riassorbito nel 2022, con un punteggio medio standardizzato di 60 punti, solo di poco superiore al 2019.
L’Italia, che aveva pagato nel 2020 uno dei prezzi più alti della pandemia in termini di squilibri macroeconomici, passando da 40 a 116 punti (squilibrio grave), è tornata nel 2022 a 55 punti, recuperando anche diverse posizioni in graduatoria.
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[1] A partire dall’edizione 2021 il Regno Unito non è più presente.
[2] I regolamenti per la governance economica previsti nel pacchetto normativo “six pack” del 2013 definiscono anche la procedura per gli squilibri macroeconomici (Semestre europeo).
[3] Nell’attuale ciclo di sorveglianza la Commissione sottoporrà ad esame approfondito 12 Stati membri: Cipro, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria. Per Lussemburgo, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, per i quali era stato disposto nel 2023 un esame approfondito, i rischi di squilibri macroeconomici si sono ridotti con la normalizzazione delle condizioni economiche.
[4] I dati macroeconomici presi in considerazione sono riferiti all’anno 2022, diffusi alla fine del 2023 e valutati all’interno del cosiddetto semestre europeo 2024. Sebbene si tratti in alcuni casi di valori di tendenza, che non presentano forti oscillazioni, questo sfasamento temporale – di cui comunque si tiene conto nella formulazione dei giudizi – può rappresentare un ulteriore limite del processo di sorveglianza, soprattutto in considerazione degli effetti residuali causati a partire dal 2020 dall’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19.
[5] Per contrastare l’inflazione la Bce ha intrapreso una politica monetaria restrittiva, con un primo aumento del tasso di interesse da 0 a 0,5% a luglio 2022, poi divenuto 1,25% a ottobre, 2% a novembre, 2,5% a dicembre, 3% a febbraio 2023, 3,5% a marzo, 3,75% a maggio, 4% a giugno, 4,25% ad agosto e 4,5% a settembre.
[6] Tale dimensione poteva essere rappresentata attraverso lo spread, cioè il differenziale di rendimento rispetto ai Bund decennali della Germania degli omologhi titoli di stato nazionali oppure mediante il tasso di interesse implicito (nominale o reale), cioè il rapporto tra gli interessi corrisposti in un anno e lo stock di debito pubblico alla fine dell’anno precedente.
[7] Si potrebbe utilizzare un indicatore sull’entità dei crediti deteriorati (Non-performing loans).
[8] Il saldo dello stock dei conti finanziari nei confronti del Resto del mondo rapportato alle passività finanziarie potrebbe essere un indicatore sostitutivo della posizione patrimoniale netta sull’estero, mentre lo stock di passività finanziarie rapportato al Pil o al Patrimonio netto rappresenterebbe un’utile informazione aggiuntiva (Montella e Mostacci, 2018).
[9] E’ emblematico il caso dell’Irlanda che offre condizioni fiscali particolarmente favorevoli alle multinazionali che collocano lì la loro sede europea, facendo confluire sotto forma di royalties gran parte dei profitti realizzati nei singoli Paesi dell’Unione.
[10] La scelta degli indicatori non è stata fatta in sede Eurostat ma c’è stato un coinvolgimento degli statistici sulla valutazione della disponibilità e confrontabilità degli indicatori.
[11] La metodologia utilizzata consiste nello ‘standardizzare’ i 14 indicatori, assegnando un valore uguale a 0 in assenza di squilibrio e graduando in maniera crescente i valori in maniera tale da avere un punteggio uguale a 100 in corrispondenza della soglia di riferimento. Un punteggio prossimo a 100 indica che si sta per raggiungere o superare la soglia, uguale a 200 che si è sforata del doppio la soglia. Il punteggio standardizzato si ottiene effettuando il rapporto tra il valore dell’indicatore e la soglia indicativa e moltiplicando il risultato per 100. Per i due indicatori che presentano un intervallo di soglia compreso tra un valore negativo e uno positivo, è stato assegnato un punteggio uguale a 0 in corrispondenza del valore centrale dell’intervallo e valori crescenti in entrambi le direzioni. Per il saldo delle partite correnti si ha 100 sia che si abbia un disavanzo del 4%, sia che si abbia un avanzo del 6% (in questo caso è stata utilizzata la differenza relativa anziché il rapporto). Per i due indicatori per i quali la soglia è differenziata a seconda dell’appartenenza o meno all’area dell’euro è stato considerato il valore richiesto per i paesi euro. Per avere un punteggio sintetico di ciascun Paese si calcola la media aritmetica semplice dei punteggi standardizzati dei 14 indicatori.
[12] I valori soglia di riferimento per i tre livelli di criticità (assente 0-70, presente 70-100 e eccessivo >100) sono stati definiti in coerenza con la decisione a suo tempo presa dalla Commissione Europea nel 2015, di sottoporre i Paesi ad analisi approfondita.
[13] Nonostante i miglioramenti conseguiti e l’esistenza di 2 soli squilibri, l’Italia anche quest’anno è stata rinviata alla In-depth review per stabilire l’esistenza di squilibri macroeconomici più o meno eccessivi. La decisione presa dalla Commissione europea si basa, evidentemente, sulla necessità di mantenere alta l’attenzione sul debito pubblico dell’Italia, che può rappresentare una minaccia per la stabilità dell’Unione europea.
[14] Se, ad esempio, si ritiene che il rapporto debito/Pil debba avere più importanza degli altri indicatori, si può costruire una specifica media aritmetica ponderata, anziché semplice. Tuttavia, in assenza di riscontri oggettivi, l’attribuzione di un peso maggiore a uno o più indicatori, può introdurre elementi di arbitrarietà e per questo motivo l’indicatore sintetico è basato sulla media aritmetica semplice. Il peso dovrebbe tenere conto anche delle correlazioni esistenti tra taluni indicatori.