di Franco Mostacci
pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 3 giugno 2023
La partecipazione al voto e le scelte elettorali si distribuiscono nelle città secondo il reddito della zona in cui si vive. E’ quanto avviene
nelle maggiori città italiane…
Sintesi nazionale
Roma
Milano
Napoli
Torino
Palermo
Genova
Bologna
Firenze
Le statistiche sulle dichiarazioni Irpef per l’anno 2022 (redditi 2021), rilasciate di recente dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, mostrano inequivocabili differenze nella condizione economica dei contribuenti, sia tra città che all’interno di esse. Tra i capoluoghi di regione, a Milano si superano i 37 mila euro lordi, staccate Bologna e Roma sotto i 30 mila euro, mentre al Sud si superano di poco i 20 mila euro. Nel capoluogo lombardo, si registra anche una maggiore disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, con la zona di Brera, Castello nel primo municipio con una media di 107 mila euro, mentre nel municipio 9 è intorno ai 25 mila.
È opinione condivisa che il reddito influenzi l’appartenenza politica e il voto espresso nelle consultazioni elettorali. L’assunto è ampiamente dimostrato confrontando il voto espresso alle ultime elezioni politiche (Camera dei Deputati) nelle 7.715 sezioni elettorali delle 8 maggiori città italiane (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze) con la distribuzione dei redditi in 276 zone individuate tramite il Codice di avviamento postale (Cap).
Nelle grandi città vive il 13% dei contribuenti e degli elettori, ma si concentra un terzo del reddito complessivo degli italiani, con un importo di oltre 28 mila euro per individuo a fronte di una media nazionale di 22 mila e cinquecento. Qui il centro sinistra ha raccolto più voti sovvertendo il risultato complessivo, con il PD al 23,6% (19% in tutta Italia), Fratelli d’Italia ha il 22,2% (26%), il Movimento 5 Stelle il 16,8% (15,4%), Azione-Italia Viva il 10,5% (7,8%), Forza Italia il 5,3% (8,1%), la Lega il 4,8% (8,8%).
Una prima evidenza che balza agli occhi è che in tutte le grandi città l’affluenza è maggiore al crescere della condizione economica, con una tendenza ancora più accentuata per le città a minor reddito (Napoli, Palermo, Genova). Il 10 per cento del reddito complessivo è detenuto dal 4,4% di elettori delle zone a maggior pregio di Milano, Roma, Torino e Bologna e a votare è andato il 73,3%. Viceversa, per mettere insieme un 10 per cento di reddito nei quartieri più poveri di Napoli, Palermo, Roma e Genova si deve conteggiare il 16% di elettori e solo la metà di essi è andato a votare.
Ma anche l’esito del voto è completamente diverso. Nei 10 quartieri dove vivono i contribuenti con maggior reddito (5 a Milano, 3 a Roma, 2 a Torino) il partito più votato è Azione-Italia Viva (26,9%), con oltre il 30% nei quartieri più esclusivi di Milano come Brera, Castello (Cap 20121), Sant’Ambrogio, San Vittore (Cap 20123) e City Life, Pagano (20145). Poco sotto seguono il PD (23,1%) e Fratelli d’Italia (22,2%), con il Movimento 5 Stelle che raccoglie solo il 4%. Nei 10 quartieri dove il reddito dei contribuenti è più basso (6 a Napoli, 4 a Palermo) il Movimento 5 Stelle raccoglie più della metà dei consensi (al Cap 80144 di Napoli che corrisponde a Secondigliano, San Pietro a Patierno, Miano supera addirittura il 60%), mentre Fratelli d’Italia e PD non vanno oltre il 10%.
Una misura approssimativa del reddito degli elettori di ciascuna lista, che chiameremo reddito «caratteristico», si può ottenere pesando il valore medio di ciascuna zona Cap per i voti ricevuti. Con oltre 35 mila euro gli elettori di Azione-Italia Viva hanno un reddito «caratteristico» più elevato, mentre non arriva a 25 mila quello di chi sceglie il Movimento 5 Stelle. In mezzo tutti gli altri partiti, con la coalizione di centrosinistra oltre i 30 mila euro, persino maggiore di Fratelli d’Italia, Forza Italia e ancor più Lega.
L’analisi dei risultati ottenuti dalle forze politiche nelle grandi città offre interessanti spunti di riflessione.
Fratelli d’Italia, raccoglie a Roma i maggiori consensi (28,6%) e prende più voti nelle zone a minor reddito, come anche a Milano e Torino. Viceversa a Napoli, dove non è andato oltre il 12,3%, prende un maggior numero di voti nelle zone più agiate.
Anche per il Partito Democratico il segnale è inequivocabile: ottiene percentuali più alte dove intercetta il voto degli elettori a minor reddito (33,3% a Bologna, e 30,4% a Firenze) e scende quando a votarlo maggiormente sono i più ricchi (il 13,9% a Palermo, il 16% a Napoli, ma anche il 23,2% Roma).
In tutte le grandi città, gli elettori delle zone a minor reddito prediligono il Movimento 5 Stelle, che evidentemente è riuscito a intercettare i loro bisogni, con una tendenza ancora più accentuata a Napoli (43,2%) e Palermo (36,1%).
Esattamente il contrario per Azione-Italia Viva che trova i maggiori consensi nelle zone a maggior reddito, con percentuali più alte a Milano e a Firenze (dove predomina la componente IV) e inferiori a Palermo e Napoli, dove il reddito medio è più basso
L’elettorato di Forza Italia è alquanto indifferente rispetto al reddito a Milano, Torino e Roma. Ha un maggior consenso a Palermo (dove prevale tra i più poveri) e minore a Firenze e Bologna (prevale tra i più ricchi).
La Lega, infine, raccoglie il maggior numero di voti nelle zone a minor reddito, con una tendenza più accentuata a Genova e Torino. A Napoli, dove la situazione è più livellata, la percentuale è bassa.
Ricapitolando, il centro sinistra prevale nelle grandi città, a discapito del centro destra che ha vinto le elezioni. Gli elettori più poveri si caratterizzano per una minore partecipazione al voto e per una maggiore preferenza accordata al Movimento 5 Stelle e, in misura minore, alla Lega. Quelli più ricchi votano di più per Azione-Italia Viva, ma anche Partito Democratico e Fratelli d’Italia. Tutte le forze politiche raccolgono un consenso maggiore quando riescono a raggiungere percentuali più alte nelle zone a minor reddito, che sono peraltro le più numerose.
Alle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno, i cui seggi saranno assegnati secondo un sistema proporzionale puro, ogni schieramento politico andrà per conto suo e la partita – almeno nelle grandi città – si giocherà soprattutto nei quartieri più popolari, anche se non sarà facile ridurre il gap di partecipazione con le zone più agiate.