di Franco Mostacci
(documento .pdf)
Come ogni anno, la Commissione europea ha pubblicato la tavola statistica che riassume i valori di alcuni indicatori chiave, per ciascuno dei 28 paesi dell’Unione europea (scoreboard).
Tali numeri sono presi a riferimento per la Relazione sul meccanismo di allerta – punto di partenza dell’attività di sorveglianza per il coordinamento delle politiche economiche[1] – in cui si individuano i Paesi che saranno sottoposti ad analisi più particolareggiate e complete (in depth review) per poi formulare raccomandazioni specifiche per gli Stati in cui si riscontrano squilibri macroeconomici eccessivi[2].
Un meccanismo un po’ farraginoso che, finora, non ha prodotto molti risultati concreti[3], ma che comunque consente di tenere sotto osservazione l’evoluzione di alcuni aspetti macroeconomici e individuare alcune criticità.
Va anche considerato che, nonostante l’attenzione posta dalla Commissione europea alla salvaguardia dell’ambiente, con gli obiettivi ambiziosi del Green New Deal in ordine al rispetto degli accordi di Parigi sulla decarbonizzazione, i cambiamenti climatici e la realizzazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il quadro di valutazione è incentrato solo sugli aspetti macroeconomici, prescindendo dalla sostenibilità dello sviluppo.
Si tratta di una limitazione al coordinamento delle politiche economiche non più giustificabile, soprattutto se si pensa che il 37% dei 750 miliardi di sussidi e prestiti previsti da Next Generation EU che saranno erogati a partire dal prossimo anno, deve essere impiegato in progetti di salvaguardia o recupero ambientale.
L’obiettivo dello scoreboard è quello di evidenziare ogni tendenza che possa determinare sviluppi che hanno – o potrebbero avere – effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione. Se lo squilibrio diventa eccessivo può mettere a repentaglio il corretto funzionamento dell’Unione economica o monetaria. Il meccanismo di allerta per l’individuazione e il monitoraggio degli squilibri comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari (14 indicatori principali e 25 ausiliari).
L’attuale quadro di valutazione considera due aspetti fondamentali di un Paese (prospetto 1):
- squilibri esterni e competitività (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esportazione, costi unitari del lavoro);
- squilibri interni e occupazione (prezzi delle abitazioni, flusso dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazione delle passività del settore finanziario, tasso di attività 15-64 anni, tasso di disoccupazione di lunga durata, tasso di disoccupazione giovanile).
Prospetto 1 – Indicatori principali per tipologia di squilibrio e valore limite
Per i 14 indicatori principali sono state definite delle soglie indicative (massime e minime di allerta), superate le quali si individua una condizione di squilibrio.
Tavola 1 – Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici – Anno 2019
Fonte: Commissione europea, Eurostat e DG ECFIN (per gli indicatori sul tasso di cambio effettivo reale)
Il quadro di valutazione preso a riferimento per il Semestre europeo 2021 (tavola 1) è riferito al 2019, anno in cui la ripresa economica nell’Unione europea ha mostrato ulteriori segnali di rallentamento (+1,5% di crescita del Pil, a fronte di un +2,1% nel 2018 e +2,8% nel 2017).
Nel 2019, l’Ungheria diventa il peggior Paese avendo oltrepassato il valore di soglia per ben 5 indicatori su 14 (erano 4 lo scorso anno), mentre Portogallo, Spagna, Cipro e Grecia totalizzano 4 sforamenti. Il Paese più virtuoso è Malta, in cui non viene superato alcun limite. In Italia si evidenziano 2 squilibri relativi al debito pubblico in rapporto al Pil (134,7%) e alla media triennale del tasso di disoccupazione (10,6%), gli stessi dal 2016.
Più in generale, nel 2019 si sono registrati 65 squilibri per i 28 Stati dell’Ue (con una media di 2,3 squilibri per Paese), 9 in meno del 2018 e il dato più basso del decennio che inizia dal 2010 in cui ha raggiunto il suo picco (151 squilibri).
Quando il livello di guardia di un indicatore è superato da numerosi paesi la situazione di criticità investe l’Unione Europea nel suo complesso: è il caso del debito pubblico superiore al 60% del Pil, che riguarda 12 Paesi, dell’esposizione patrimoniale netta in misura maggiore del -35% del Pil (11), del debito privato superiore al 133% del Pil (11).
Il set di indicatori considerato non è sicuramente esaustivo per monitorare il quadro macroeconomico. Basti pensare all’assenza del tasso di interesse sul debito pubblico che condiziona la sostenibilità del servizio del debito[4], di indicatori sulla situazione finanziario-patrimoniale del sistema del credito[5] o più in generale sull’esposizione finanziaria del Paese[6].
Un sistema di monitoraggio degli squilibri macroeconomici dovrebbe anche considerare le situazioni di dumping fiscale e lavorativo, che alterano le pari opportunità di sviluppo delle economie europee.
Eccezioni possono essere mosse anche rispetto alla qualità degli indicatori, atteso che non tutti derivano da statistiche omogenee derivanti dall’applicazione di un regolamento comunitario[7] o all’esistenza di correlazioni tra alcuni di essi.
Inoltre, non sembrano essere presi in debita considerazione gli effetti negativi di trasmissione sugli altri paesi dei guadagni di competitività registrati da alcuni per effetto di condizioni favorevoli o di una legislazione non uniforme.
Quali che siano le potenzialità e i limiti dell’attuale monitoraggio degli squilibri eccessivi, resta, comunque, il fatto che le tavole con gli indicatori non si prestano a facili raffronti tra paesi.
Non è semplice capire, a parità del numero di violazioni, quale paese ha una situazione macroeconomica migliore; come misurare l’intensità dello squilibrio o comprendere se un Paese sta migliorando o peggiorando nel tempo la propria situazione. L’Italia ha solo due indicatori fuori norma, ma viene ugualmente sottoposta a in depth review e lo scorso anno il suo squilibrio macroeconomico è stato definito grave.
Per avere una valutazione caratterizzata da una maggiore oggettività, è stato elaborato un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, attribuendo un punteggio ad ogni Paese[8]. L’indicatore sintetico può essere visto come uno strumento supplementare per controllare se le scelte effettuate dalla Commissione siano coerenti con lo sguardo d’insieme.
Il valore medio ottenuto sintetizza l’ampiezza dello squilibrio e può essere usato per il confronto con gli altri paesi (in termini di differenze o di ranking) o per valutarne l’evoluzione nel tempo. Attraverso questo indicatore è possibile anche acquisire ulteriori elementi utili a valutare quale paese sottoporre ad analisi approfondita (in depth review).
Tavola 2 – Indice sintetico di squilibrio macroeconomico – Anni 2010-2019
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
A seconda del punteggio (tavola 2), i Paesi sono classificati in tre livelli di squilibri: assente (verde), presente (giallo) e eccessivo (rosso)[9].
Al primo posto troviamo la Finlandia che nel periodo della crisi 2010-2011 aveva uno squilibrio eccessivo, ma ha saputo costantemente migliorare la propria condizione. Al secondo posto l’Austria che, invece, si è sempre mantenuta in una situazione di assenza di squilibri. Al terzo posto appaiate, Malta e Italia. Nel 2019 25 Paesi su 28 sono in fascia verde, mentre 3 presentano un rischio medio (Spagna, Cipro e Grecia con quest’ultima in peggioramento). La tavola rispecchia abbastanza fedelmente le situazioni di criticità di alcuni paesi europei. Italia, Croazia e Danimarca hanno vissuto una situazione di squilibrio macroeconomico grave e persistente dal 2010 al 2014. Lo stesso si è visto in Portogallo e Spagna (2010-2014), Irlanda, Cipro e Grecia (2010-2015).
Negli ultimi quattro anni, gli effetti della ripresa economica hanno normalizzato molte situazioni che in precedenza erano maggiormente a rischio e nessun Paese si trova più in situazione di grave squilibrio (punteggio superiore a 100), laddove se ne contavano 16 nel 2010.
Figura 1 – Punteggio standardizzato medio per appartenenza o meno all’Eurozona – Anni 2010-2019
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
Nel 2019 il punteggio medio di 53 è migliorato di due punti rispetto al 2018, ma è ben più basso dei 147 del 2011, in virtù dei miglioramenti conseguiti sia all’interno dell’area dell’Euro sia negli altri Paesi dell’Ue. I Paesi dell’Eurozona hanno sofferto maggiori squilibri durante gli anni della crisi economica, con un divario massimo di 26 punti rispetto ai Paesi no Euro nel 2010, che si è progressivamente ridotto fino ad azzerarsi nel 2019. In particolare l’Eurozona soffre particolarmente gli squilibri interni e relativi all’occupazione (debiti del settore privato e debito pubblico), mentre gli altri Paesi hanno punteggi maggiori sugli squilibri esterni e la competitività, con particolare riguardo al costo del lavoro.
Negli ultimi anni un miglioramento si è registrato soprattutto nella quota di mercato delle esportazioni e nella riduzione della disoccupazione di lungo periodo e giovanile, mentre risulta in aumento il costo nominale per unità di lavoro in termini di variazione triennale e i prezzi delle abitazioni.
Figura 2 – Punteggio standardizzato per tipologia di squilibrio per il 2019 e confronto con il 2018
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
Nel 2019, l’indicatore sintetico di squilibrio macroeconomico varia tra i 31 punti della Finlandia e i 92 della Grecia (figura 2). L’Italia, con 40 punti si posiziona al quarto posto nell’eurozona, mentre lo scorso anno era seconda con 41 punti. Molti paesi nel 2019 hanno ridotto il proprio squilibrio complessivo, in particolar modo la Croazia (da 71 a 52), la Finlandia (da 45 a 31), il Regno Unito (da 62 a 49) e la Spagna (da 84 a 72). In peggioramento la Svezia (da 47 a 62), Estonia (da 47 a 53) e Grecia (da 87 a 92).
Tavola 3 – Graduatoria dello squilibrio macroeconomico – Anni 2010-2019
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea – In marrone chiaro i paesi che non appartengono all’eurozona
Ai primi cinque posti si trovano altrettanti Paesi dell’Eurozona. L’Italia ha scalato molte posizioni, dal 25esimo posto del 2015 al secondo del 2018, per poi ripiegare al quarto nel 2019.
La Germania, che era saldamente al primo posto fino al 2011, è scivolata in nona posizione, continuando a persistere lo squilibrio eccessivo nell’avanzo della bilancia commerciale, che resta al 7,4% del Pil (media triennale).
La Danimarca (sesto posto), si conferma come il Paese non aderente alla moneta unica con il minore squilibrio macroeconomico.
Migliora rispetto al 2018, la Finlandia che passa dall’ottava alla prima posizione (era 24esima nel 2015), con il ritorno in positivo della variazione quinquennale della quota di mercato dell’esportazione di beni e servizi, oltre a ridurre l’esposizione del settore finanziario.
Rispetto al 2018 recuperano 10 posizioni il Regno Unito, 9 posizioni la Lituania e 6 la Croazia. Peggiorano, invece, Svezia (13 posizioni), Estonia (10) e Polonia (6).
Tavola 4 – Punteggio standardizzato per indicatore di squilibrio macroeconomico – Italia – Anni 2010-2019
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea
L’Italia, ha consolidato nel 2019 il buon risultato conseguito negli anni precedenti, riducendo da 5 (nel 2015) a 2 gli indicatori che superano il livello di attenzione.
La variazione quinquennale della quota di mercato mondiale delle esportazioni di beni e servizi, dopo due anni è tornata però negativa (-2,63% nel 2019), mentre la disoccupazione di lunga durata e giovanile si sono stabilizzate nel confronto triennale, pur rimanendo a livelli elevati.
Gli squilibri interni e quelli relativi all’occupazione continuano a rappresentare i fattori preponderanti che spiegano il 78% del punteggio medio nel 2019. Su tutti il debito delle amministrazioni pubbliche e il livello di disoccupazione che sono i due squilibri eccessivi rimasti, difficilmente superabili nel medio termine. Persiste anche un elevato livello di debito del settore privato che, sebbene in calo da alcuni anni, è prossimo alla soglia di riferimento (il 133% del Pil).
Tra i fattori esterni e dovuti alla competitività, pur non essendoci squilibri eccessivi, si registra un aumento del saldo delle partite correnti, con una media triennale di +2,7% lontana dal valore limite di +6% e il costo nominale del lavoro per unità di prodotto (indicatore di produttività) cresciuto in un triennio del 3,2%.
Conclusioni
Sebbene lo scoreboard abbia natura puramente indicativa e vada letto insieme ai 25 indicatori ausiliari e al quadro macroeconomico attuale, l’individuazione di squilibri eccessivi e la adozione di conseguenti misure correttive, possono trarre giovamento dalla trasformazione degli indicatori in un punteggio unico standardizzato per paese.
La decisione della Commissione europea di inviare un paese ad una analisi approfondita successiva, anziché su una base discrezionale motivata, come avviene ora con la Relazione sul meccanismo di allerta[10], potrebbe essere ricondotta a criteri più oggettivi come l’indice proposto, aggiungendo – se del caso – un peso legato all’importanza di ciascun indicatore rispetto agli altri[11].
In un’ottica di sviluppo sostenibile, la valutazione dovrebbe anche includere indicatori sui risultati conseguiti in termini di decarbonizzazione dell’economia e più in generale nel contrasto ai cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente.
Il superamento di un punteggio medio superiore a 70 (zona gialla o rossa), l’aumento rispetto all’anno precedente (deterioramento dello squilibrio), il peggioramento relativo rispetto agli altri paesi (perdita di posizioni nella graduatoria), sono tre fattori che, grazie all’indicatore sintetico, evidenziano, presi singolarmente o nel loro insieme, la necessità di approfondire le cause di squilibrio e le conseguenze sull’economia del paese o dell’intera Unione europea.
La situazione italiana (quarto miglior punteggio nel 2019), appare meno preoccupante rispetto a quanto viene solitamente narrato, a meno che non si voglia considerare l’eccesso di debito pubblico come un fattore di pericolo per la stabilità prioritario rispetto agli altri.
___________________________________________________
[1] I regolamenti per la governance economica previsti nel pacchetto normativo “six pack” del 2011 definiscono anche la procedura per gli squilibri macroeconomici (Semestre europeo).
[2] Nell’attuale ciclo di sorveglianza la Commissione sottoporrà ad esame approfondito 12 Stati membri: Croazia, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia. Si tratta degli stessi Stati già monitorati a febbraio 2020 e per i quali la procedura si concluse con un’allerta, in particolar modo per Cipro, Grecia e Italia per i quali era stata ravvisata la presenza di gravi squilibri macroeconomici.
[3] I dati macroeconomici presi in considerazione sono riferiti all’anno 2019, diffusi alla fine del 2020 e valutati all’interno del cosiddetto semestre europeo 2021. Sebbene si tratti in alcuni casi di valori di tendenza, che non presentano forti oscillazioni, questo sfasamento temporale – di cui comunque si tiene conto nella formulazione dei giudizi – può rappresentare un ulteriore limite del processo di sorveglianza, soprattutto in considerazione del fatto che, a causa dell’emergenza sanitaria provocata dal Covid-19, il quadro macroeconomico per l’anno 2020 è fortemente alterato.
[4] Tale dimensione poteva essere rappresentata attraverso lo spread, cioè il differenziale di rendimento rispetto ai Bund decennali della Germania degli omologhi titoli di stato nazionali oppure mediante il tasso di interesse implicito (nominale o reale), cioè il rapporto tra gli interessi corrisposti in un anno e lo stock di debito pubblico alla fine dell’anno precedente.
[5] Si potrebbe utilizzare un indicatore sull’entità dei crediti deteriorati (Non-performing loans). Gli Npl si sono ridotti negli ultimi anni e restano per lo più concentrati in alcuni Paesi: in Grecia il rapporto tra Npl e prestiti è ancora superiore al 40%; a Cipro si sono registrati miglioramenti legati alla liquidazione di una importante banca; in Italia e Portogallo si registrano continui progressi dal 2016 e il Npl ratio è sceso al di sotto del 10%.
[6] Il saldo dello stock dei conti finanziari nei confronti del Resto del mondo rapportato alle passività finanziarie potrebbe essere un indicatore sostitutivo della posizione patrimoniale netta sull’estero, mentre lo stock di passività finanziarie rapportato al Pil o al Patrimonio netto rappresenterebbe un’utile informazione aggiuntiva (Montella e Mostacci, 2019).
[7] La scelta degli indicatori non è stata fatta in sede Eurostat ma c’è stato un coinvolgimento degli statistici sulla valutazione della disponibilità e confrontabilità degli indicatori.
[8] La metodologia consiste nello ‘standardizzare’ i 14 indicatori, assegnando un valore uguale a 0 in assenza di squilibrio e graduando in maniera crescente i valori in maniera tale da avere un punteggio uguale a 100 in corrispondenza della soglia di riferimento. Un punteggio prossimo a 100 indica che si sta per raggiungere o superare la soglia, uguale a 200 che si è sforata del doppio la soglia. Il punteggio standardizzato si ottiene effettuando il rapporto tra il valore dell’indicatore e la soglia indicativa e moltiplicando il risultato per 100. Per i due indicatori che presentano un intervallo di soglia compreso tra un valore negativo e uno positivo, è stato assegnato un punteggio uguale a 0 in corrispondenza del valore centrale dell’intervallo e valori crescenti in entrambi le direzioni. Per il saldo delle partite correnti si ha 100 sia che si abbia un disavanzo del 4%, sia che si abbia un avanzo del 6% (in questo caso è stata utilizzata la differenza relativa anziché il rapporto). Per i due indicatori per i quali la soglia è differenziata a seconda dell’appartenenza o meno all’area dell’euro è stato considerato il valore richiesto per i paesi euro. Per avere un punteggio sintetico di ciascun Paese si calcola la media aritmetica semplice dei punteggi standardizzati dei 14 indicatori.
[9] I valori soglia di riferimento per i tre livelli di criticità (assente 0-70, presente 70-100 e eccessivo >100) sono stati definiti in coerenza con la decisione a suo tempo presa dalla Commissione Europea nel 2015, di sottoporre i Paesi ad analisi approfondita.
[10] Nonostante i miglioramenti conseguiti e l’esistenza di 2 soli squilibri, l’Italia anche quest’anno è stata rinviata alla In-depth review per stabilire l’esistenza di squilibri macroeconomici più o meno eccessivi. La decisione presa dalla Commissione europea si basa, evidentemente, sulla necessità di mantenere alta l’attenzione sul debito pubblico dell’Italia, che può rappresentare una minaccia per la stabilità dell’Unione europea.
[11] Se, ad esempio, si ritiene che il rapporto debito/Pil debba avere più importanza degli altri indicatori, si può costruire una specifica media aritmetica ponderata, anziché semplice. Tuttavia, in assenza di riscontri oggettivi, l’attribuzione di un peso maggiore a uno o più indicatori, può introdurre elementi di arbitrarietà e per questo motivo è stata preferita la media aritmetica semplice. Il peso dovrebbe tenere conto anche delle correlazioni esistenti tra taluni indicatori.