L’indicatore sintetico degli squilibri macroeconomici nell’Unione europea per il 2017

di Franco Mostacci
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Come ogni anno, la Commissione europea ha pubblicato a novembre la tavola statistica che riassume i valori di alcuni indicatori chiave, per ciascuno dei 28 paesi dell’Unione europea (scoreboard).

Tali numeri sono presi a riferimento per la Relazione sul meccanismo di allerta – punto di partenza dell’attività di sorveglianza per il coordinamento delle politiche economiche[1] – in cui si individuano i Paesi che saranno sottoposti ad analisi più particolareggiate e complete (in depth review) per poi formulare raccomandazioni specifiche per gli Stati in cui si riscontrano squilibri macroeconomici eccessivi[2].

Un meccanismo un po’ farraginoso che, finora, non ha prodotto molti risultati concreti, ma che comunque consente di tenere sotto osservazione l’evoluzione di alcuni aspetti macroeconomici e individuare alcune criticità.

L’obiettivo dello scoreboard è quello di evidenziare gli squilibri macroeconomici, ovvero ogni tendenza che possa determinare sviluppi che hanno – o potrebbero avere – effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione. Se lo squilibrio diventa eccessivo può mettere a repentaglio il corretto funzionamento dell’Unione economica o monetaria. Il meccanismo di allerta per l’individuazione e il monitoraggio degli squilibri comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari (14 indicatori principali e 25 ausiliari).

L’attuale quadro di valutazione considera due aspetti fondamentali di un Paese (prospetto 1):

  • squilibri esterni e competitività (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esportazione, costi unitari del lavoro);
  • squilibri interni  e occupazione (prezzi delle abitazioni, flusso dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazione delle passività del settore finanziario, tasso di attività 15-64 anni, tasso di disoccupazione di lunga durata, tasso di disoccupazione giovanile).

Per i 14 indicatori principali sono state definite delle soglie indicative (massime e minime di allerta) utili per l’individuazione degli squilibri.

Prospetto 1 – Indicatori principali per tipologia di squilibrio e valore limite
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Tavola 1 – Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici – Anno 2017
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Fonte: Commissione europea, Eurostat e DG ECFIN (per gli indicatori sul tasso di cambio effettivo reale)

Il quadro di valutazione preso a riferimento per il Semestre europeo 2019 (tavola 1) è riferito al 2017, anno in cui la ripresa economica nell’Unione europea, si è ulteriormente consolidata (+2,4% di crescita del Pil)[3].

Nel 2017, Cipro si conferma il peggior Paese avendo oltrepassato il valore di soglia per ben 7 indicatori su 14 (erano 6 lo scorso anno), seguita da Irlanda, Portogallo e Spagna con 5, mentre Malta, Estonia, Polonia e Austria superano i limiti consentiti solo in un caso. In Italia si evidenziano 2 squilibri relativi al debito pubblico in rapporto al Pil (131,2%) e alla media triennale del tasso di disoccupazione (11,6%), gli stessi del 2016.

Quando il livello di guardia di un indicatore è superato da numerosi paesi la situazione di criticità investe l’Unione Europea nel suo complesso: è il caso del debito pubblico che eccede il 60% del Pil (15 Paesi), dell’esposizione patrimoniale netta in misura maggiore del -35% del Pil (13), del debito privato superiore al 133% del Pil (12).

Il set di indicatori considerato non è sicuramente esaustivo per monitorare il quadro macroeconomico. Basti pensare all’assenza del “Tasso di interesse sul debito pubblico” che condiziona la sostenibilità del servizio del debito[4], di indicatori sulla situazione finanziario-patrimoniale del sistema del credito[5] o più in generale sull’esposizione finanziaria del Paese[6].

Eccezioni possono essere mosse anche rispetto alla qualità degli indicatori, atteso che non tutti derivano da statistiche omogenee derivanti dall’applicazione di un regolamento comunitario[7] o all’esistenza di correlazioni tra alcuni di essi.

Inoltre, non sembrano essere presi in debita considerazione gli effetti negativi di trasmissione sugli altri paesi dei guadagni di competitività registrati da alcuni per effetto di condizioni favorevoli o di una legislazione non uniforme.

Quali che siano le potenzialità e i limiti dell’attuale monitoraggio degli squilibri eccessivi, resta, comunque, il fatto che le tavole con gli indicatori non si prestano a facili raffronti tra paesi. Non è semplice capire, a parità del numero di violazioni, quale paese ha una situazione macroeconomica migliore; come misurare l’intensità dello squilibrio o comprendere se un Paese sta migliorando o peggiorando nel tempo la propria situazione.

Per fornire una risposta a queste domande, è stato elaborato un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, attribuendo un punteggio ad ogni Paese[8]. L’indicatore sintetico può essere visto come uno strumento supplementare per controllare se le scelte effettuate dalla Commissione siano coerenti con lo sguardo d’insieme.

Il valore medio ottenuto sintetizza l’ampiezza dello squilibrio e può essere usato per il confronto con gli altri paesi (in termini di differenze o di ranking) o per valutarne l’evoluzione nel tempo. Attraverso questo indicatore è possibile anche acquisire ulteriori elementi utili a valutare quale paese sottoporre ad analisi approfondita (in depth review).

Tavola 2 – Indice sintetico di squilibrio macroeconomico – Anni 2008-2017
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Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea

A seconda del punteggio (tavola 2), i Paesi sono classificati in tre livelli di squilibri: assente (verde), presente (giallo) e eccessivo (rosso) [9].

Negli ultimi due anni, gli effetti della ripresa economica hanno normalizzato molte situazioni che in precedenza erano maggiormente a rischio. Nel 2017 il punteggio medio è sceso da 58 a 54 (era 146 nel 2011), in virtù dei miglioramenti conseguiti sia all’interno dell’area dell’Euro (da 60 a 56) sia negli altri Paesi dell’Ue (da 53 a 49). Negli ultimi due anni un miglioramento si è registrato soprattutto nella quota di mercato delle esportazioni e nella riduzione della disoccupazione di lungo periodo.

Ai primi 3 posti troviamo Paesi dell’eurozona, con Belgio e Austria che hanno fatto registrare notevoli progressi. Nel 2017 24 Paesi su 29 sono in fascia verde, 4 presentano un rischio medio (Lussemburgo e Spagna in peggioramento, Irlanda e Grecia in risalita) e solo Cipro permane ancora in fascia rossa.

La tavola rispecchia abbastanza fedelmente le situazioni di criticità di alcuni paesi europei. Italia, Croazia e Danimarca hanno avuto una situazione di squilibrio macroeconomico grave e persistente dal 2010 al 2014. Lo stesso si è visto in Portogallo (2009-2014), Spagna (2008-2014), Irlanda (2008-2012 e 2014-2015), Grecia (2009-2016) e Cipro (2007-2017).

Figura 1 – Punteggio standardizzato per tipologia di squilibrio per il 2017 e confronto con il 2016
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Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea

Nel 2017, l’indicatore sintetico di squilibrio macroeconomico varia tra i 34 punti del Belgio e i 101 di Cipro (figura 1).

L’Italia, con 41 punti si posiziona al quinto posto nell’eurozona, consolidando il miglioramento dello scorso anno.

Molti paesi nel 2017 hanno ridotto il proprio squilibrio complessivo e solo 7 risultano in peggioramento: Slovenia, Slovacchia, Lussemburgo e Spagna nell’area euro, oltre a Repubblica Ceca, Romania e Regno Unito.

Tavola 3 – Graduatoria dello squilibrio macroeconomico – Anni 2008-2017
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Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea – In marrone chiaro i paesi che non appartengono all’eurozona.

Il Belgio ha risalito la graduatoria di 11 posizioni nel 2017 grazie ai miglioramenti nell’export e nei flussi di credito verso il settore privato, l’Austria di 15, la Finlandia di 10 e l’Ungheria di 17. Hanno, invece, perso terreno soprattutto la Slovenia (tasso di cambio effettivo, costo del lavoro, prezzi delle abitazioni) e la Repubblica Ceca (tasso di cambio effettivo, costo del lavoro, prezzi delle abitazioni, passività del settore finanziario), che erano ai primi due posti nel 2016.

La Germania, che era saldamente al primo posto fino al 2011, è scivolata in nona posizione, dietro l’Italia, continuando a persistere lo squilibrio eccessivo nell’avanzo della bilancia commerciale, che ha raggiunto l’8,4% del Pil (media triennale).

Tavola 4 – Punteggio standardizzato per indicatore di squilibrio macroeconomico – Italia – Anni 2008-2017
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Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea

L’Italia, ha consolidato nel 2017 il buon risultato conseguito l’anno precedente riducendo da 5 a 2 gli indicatori che superano il livello di attenzione, che aveva di fatto sancito un’inversione di tendenza negli squilibri macroeconomici, dopo aver toccato il suo massimo nel 2014 (152).

La variazione quinquennale della quota di mercato mondiale delle esportazioni di beni e servizi è tornata in terreno positivo (+2%), mentre la disoccupazione di lunga durata e giovanile si sono stabilizzate nel triennio, pur rimanendo a livelli elevati.

Gli squilibri interni e quelli relativi all’occupazione continuano a rappresentare i fattori preponderanti che spiegano l’80% del punteggio medio nel 2017. Su tutti il debito delle amministrazioni pubbliche e il livello di disoccupazione che sono i due squilibri eccessivi rimasti, difficilmente superabili nel medio termine. Persiste anche un elevato livello di debito del settore privato che, da alcuni anni, è prossimo alla soglia di riferimento (il 133% del Pil).

Tra i fattori esterni e dovuti alla competitività, pur non essendoci squilibri eccessivi, si registra un aumento del saldo delle partite correnti, con una media triennale di +2,3% lontana dal valore limite di +6%.

Conclusioni

Sebbene lo scoreboard abbia natura puramente indicativa e vada letto insieme ai 25 indicatori ausiliari e al quadro macroeconomico attuale, l’individuazione di squilibri eccessivi e la adozione di conseguenti misure correttive, possono trarre giovamento dalla trasformazione degli indicatori in un punteggio unico standardizzato per paese.

La decisione della Commissione europea di inviare un paese ad una analisi approfondita successiva, anziché su una base discrezionale motivata, come avviene ora con la Relazione sul meccanismo di allerta[10], potrebbe essere ricondotta a criteri più oggettivi come l’indice proposto, aggiungendo – se del caso – un peso legato all’importanza di ciascun indicatore rispetto agli altri[11].

Il superamento di un punteggio medio superiore a 70 (zona gialla o rossa), l’aumento rispetto all’anno precedente (deterioramento dello squilibrio), il peggioramento relativo rispetto agli altri paesi (perdita di posizioni nella graduatoria), sono tre fattori che, grazie all’indicatore sintetico, evidenziano, presi singolarmente o nel loro insieme, la necessità di approfondire le cause di squilibrio e le conseguenze sull’economia del paese o dell’intera Unione europea.

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[1] I regolamenti per la governance economica previsti nel pacchetto normativo “six pack” del 2011 definiscono anche la procedura per gli squilibri macroeconomici (Semestre europeo).
[2] Nell’attuale ciclo di sorveglianza la Commissione sottoporrà ad esame approfondito 13 Stati membri: Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia.
[3] Secondo le ultime previsioni della Commissione, la crescita rallenta a 2,1% nel 2018 e a 1,9% nel 2019.
[4] Tale dimensione poteva essere rappresentata attraverso lo spread, cioè il differenziale di rendimento rispetto ai Bund decennali della Germania degli omologhi titoli di stato nazionali oppure mediante il tasso di interesse implicito (nominale o reale), cioè il rapporto tra gli interessi corrisposti in un anno e lo stock di debito pubblico alla fine dell’anno precedente.
[5] Si potrebbe utilizzare un indicatore sull’entità dei crediti deteriorati (Non-performing loans).
[6] Il saldo dello stock dei conti finanziari nei confronti del Resto del mondo rapportato alle passività finanziarie potrebbe essere un indicatore sostitutivo della posizione patrimoniale netta sull’estero, mentre lo stock di passività finanziarie rapportato al Pil o al Patrimonio netto rappresenterebbe un’utile informazione aggiuntiva (Montella e Mostacci, 2018).
[7] La scelta degli indicatori non è stata fatta in sede Eurostat ma c’è stato un coinvolgimento degli statistici sulla valutazione della disponibilità e confrontabilità degli indicatori.
[8] La metodologia consiste nello ‘standardizzare’ i 14 indicatori, assegnando un valore uguale a 0 in assenza di squilibrio e graduando in maniera crescente i valori in maniera tale da avere un punteggio uguale a 100 in corrispondenza della soglia di riferimento. Un punteggio prossimo a 100 indica che si sta per raggiungere o superare la soglia, uguale a 200 che si è sforata del doppio la soglia. Il punteggio standardizzato si ottiene effettuando il rapporto tra il valore dell’indicatore e la soglia indicativa e moltiplicando il risultato per 100. Per i due indicatori che presentano un intervallo di soglia compreso tra un valore negativo e uno positivo, è stato assegnato un punteggio uguale a 0 in corrispondenza del valore centrale dell’intervallo e valori crescenti in entrambi le direzioni.  Per il saldo delle partite correnti si ha 100 sia che si abbia un disavanzo del 4%, sia che si abbia un avanzo del 6% (in questo caso è stata utilizzata la differenza relativa anziché il rapporto). Per i due indicatori per i quali la soglia è differenziata a seconda dell’appartenenza o meno all’area dell’euro è stato considerato il valore richiesto per i paesi euro. Per avere un punteggio sintetico di ciascun Paese si calcola la media aritmetica semplice dei punteggi standardizzati dei 14 indicatori.
[9] I valori soglia di riferimento per i tre livelli di criticità (assente 0-70, presente 70-100 e eccessivo >100) sono stati definiti in coerenza con la decisione a suo tempo presa dalla Commissione Europea nel 2015, di sottoporre i Paesi ad analisi approfondita.
[10] Nonostante i miglioramenti conseguiti e l’esistenza di 2 soli squilibri, l’Italia anche quest’anno è stata rinviata alla In-depth review per stabilire l’esistenza di squilibri macroeconomici più o meno eccessivi. La decisione presa dalla Commissione europea si basa, evidentemente, sulla necessità di mantenere alta l’attenzione sul debito pubblico dell’Italia, che può rappresentare una minaccia per la stabilità dell’Unione europea.
[11] Se, ad esempio, si ritiene che il rapporto debito/Pil debba avere più importanza degli altri indicatori, si può costruire una specifica media aritmetica ponderata, anziché semplice. Tuttavia, in assenza di riscontri oggettivi, l’attribuzione di un peso maggiore a uno o più indicatori, può introdurre elementi di arbitrarietà e per questo motivo è stata preferita la media aritmetica semplice.  Il peso dovrebbe tenere conto anche delle correlazioni esistenti tra taluni indicatori.