Università, nel 2017 pochi passi avanti nella lotta alla corruzione

di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca

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Nel Rapporto 2017 sulla corruzione nella pubblica amministrazione, che sarà diffuso prossimamente, sono state prese in considerazione anche 66 università pubbliche, presso le quali prestano servizio 55.246 dipendenti (di cui 355 dirigenti), 1.200 in meno del 2016 (non sono conteggiati i docenti e i ricercatori).

Dall’analisi della Relazione annuale compilata dal responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza (Rpct), emerge che in 58 Università non si è riscontrato alcun evento corruttivo (quasi il 90% del totale); solo in 3 di esse si sono verificati episodi sospetti riguardanti l’acquisizione e la progressione del personale e, in altre 3, casi relativi all’affidamento di lavori, servizi e forniture.

In complesso, sono stati 133 i procedimenti disciplinari per fatti penalmente rilevanti, di cui 28 hanno dato luogo a sanzioni: 10 licenziamenti, 16 sospensioni dal servizio con privazione della retribuzione e 2 di altro tipo.

I reati relativi a eventi corruttivi sono stati 47, tra cui 13 casi di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, 8 di peculato, 1 di concussione e 25 di altra natura (truffa, abuso d’ufficio, ecc.).

Solo 18 atenei (poco più di un quarto e 4 in più rispetto al 2016) si sono dotati di un sistema informativo dedicato con garanzia di anonimato per raccogliere gli illeciti segnalati da dipendenti (whistleblowing), con appena 33 denunce totali.

La rotazione degli incarichi, come misura prevista dal Piano triennale di prevenzione della corruzione ha riguardato complessivamente solo 356 unità (6,4 ogni mille), di cui 112 all’Università di Firenze, 48 alla Sapienza di Roma e 38 all’Università di Foggia.

La maggior parte delle università ha effettuato attività formativa specificamente dedicata alla prevenzione della corruzione, ma ben 40 di esse, anziché utilizzare risorse interne, hanno fatto ricorso a società private o docenti esterni.

L’impressione che si trae dall’analisi dei dati, ponendoli anche a confronto con gli anni precedenti, è che la Relazione non sempre riesca a rappresentare l’effettiva dimensione del fenomeno della corruzione, come del resto avviene anche negli enti pubblici di altri comparti.

Le criticità incontrate dal Rpct nello svolgimento del suo ruolo sono ben riassunte dalle considerazioni del responsabile dell’università di Udine: “Il volume della produzione normativa ha raggiunto livelli inimmaginabili rispetto ai temi della prevenzione della corruzione, fra l’altro con difficoltà intepretative dovute all’eterogeneità delle fonti (Parlamento, Governo, ANAC, Anvur). Essa richiede al RPCT e ad altri attori organizzativi un tempo di lettura/interpretazione che è inversamente proporzionale al tempo per presidiare la realizzazione delle misure di prevenzione, effettuare consulenze, analisi e controlli, erogare corsi di formazione, coinvolgere e comunicare con la direzione, gli uffici e i responsabili”.

Si tratta di difficoltà oggettive e innegabili, che tuttavia devono essere quanto prima superate per diffondere maggiormente la cultura della trasparenza e della prevenzione della corruzione.