di Franco Mostacci
pubblicato sul Fatto Quotidiano del 9 agosto 2017
Secondo uno studio pubblicato di recente dalla Banca d’Italia “L’effetto del bonus fiscale sulla spesa delle famiglie italiane: ‘il bonus 80 euro‘”, le famiglie che nel 2014 hanno beneficiato del provvedimento varato ad aprile dal governo Renzi, a ridosso delle elezioni europee, avrebbero speso tra il 50 e il 60 per cento della somma ricevuta.
Si tratta di una valutazione ben inferiore rispetto al 90% dichiarato a suo tempo dalle famiglie intervistate. Una possibile ragione di questa differenza – spiegano gli autori – è legata alla difficoltà di districarsi sull’uso effettivo di tale extra reddito e di aver, quindi, fornito la risposta più accettabile (consumo anziché risparmio).
Senza considerare che l’85% delle famiglie del campione dell’indagine, aveva risparmiato nel 2014 una somma superiore all’ammontare del bonus ricevuto, rendendo quindi altamente improbabile che la somma aggiuntiva ricevuta fosse stata effettivamente spesa.
Anche se i risultati ottenuti non sono statisticamente significativi, per l’esiguità dei casi considerati, l’efficacia del provvedimento come stimolo alla ripresa dei consumi privati può essere ora valutata con una maggiore obiettività. Il costo complessivo del bonus fu di 6,1 miliardi di euro per il 2014 (poi diventati 10 a regime dal 2015); i beneficiari ne hanno spesi solo 3,5, mentre i rimanenti 2,6 sono rimasti nelle loro tasche.
Un risultato che non desta stupore se si considera che il bonus è riservato ai lavoratori dipendenti con un reddito compreso tra circa 8.100 e 26.000 euro e che gli incapienti o altre tipologie di lavoratori a basso reddito non ne possono beneficiare.
Se si considera il reddito familiare, anziché quello individuale, si vede che il bonus è distribuito maggiormente nelle fasce medio-alte della popolazione, che non hanno certo bisogno di sostegno economico. Solo il 3,1% del decimo più povero di famiglie lo riceve, a fronte di una media del 21,9%.
Il Governo non sembra, però, aver recepito che la concessione di benefici economici legati al reddito individuale, senza tenere conto dell’Isee familiare, non solo aumenta le disuguaglianze ma produce anche scarsi risultati dal lato dei consumi.
Lo stesso errore è stato commesso, infatti, per l’erogazione della quattordicesima con importi variabili tra i 336 e i 655 euro, quest’anno esteso a chi ha redditi da pensione comprese tra 1,5 e 2 volte il minimo, che ha riguardato circa 3,5 milioni di pensionati, senza limitazioni legate alla situazione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare.
E lo stesso, probabilmente, avverrà, con il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti, in cui si intende tutelare tutti coloro che a causa dell’aumento dello stipendio finirebbero per perdere gli 80 euro mensili.
Per un Governo alla disperata ricerca di risorse in vista della Legge di Bilancio, una rimodulazione dei requisiti di accesso al bonus e ad altre misure di sostegno al reddito, può essere una valida soluzione per ridurre le disuguaglianze e destinare le risorse risparmiate a una seria lotta alla povertà.
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