di Fernando Giammei e Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca
Eravamo alla fine del 2012 quando, con molta enfasi, fu annunciata la nascita della Bussola della Trasparenza, uno strumento di monitoraggio dei siti web della pubblica amministrazione, in linea con i principi dell’Open Government, con l’obiettivo di rafforzare la trasparenza, la partecipazione dei cittadini, l’accountability.
Pur limitandosi a verificare la presenza, sui siti web di enti e istituzioni pubbliche, di alcuni requisiti richiesti dalla vigente normativa – senza entrare nel merito dei contenuti specifici – la Bussola aveva acquisito maggiore rilevanza con l’entrata in vigore del dlgs 33/2013 sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.
A settembre 2014, il Dipartimento della Funzione Pubblica, si aggiudicò addirittura il Premio dei Premi per l’innovazione per il progetto della Bussola della Trasparenza, uno strumento che consente ai cittadini di “verificare come le amministrazioni adempiono agli obblighi di legge, esprimere la loro opinione (on line) e, quindi, esercitare un controllo sulle amministrazioni stesse“.
Con l’entrata in vigore del dlgs 97/2016, il cosiddetto Freedom of Information Act (Foia) italiano, che dovrebbe garantire la piena accessibilità a documenti e dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, la Bussola si è, per così dire, smagnetizzata.
Per dare attuazione alle nuove “Linee guida”, emanate a dicembre 2016 dall’Autorità nazionale anticorruzione, la Bussola della Trasparenza è stata disattivata in attesa del completamento delle modifiche tecniche, attualmente in corso, necessarie per adeguarla alle novità introdotte dalla delibera 1310 dell’Anac.
A distanza di tre mesi, mentre la ministra Madìa celebra la 1^ settimana dell’Amministrazione aperta, la trasparenza ha perso la Bussola e non riesce ancora a ritrovarla.