L’indicatore sintetico degli squilibri macroeconomici nell’Unione europea per il 2015

di Franco Mostacci
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Ha preso il via il Semestre europeo 2017, con le verifiche preventive della Commissione europea previste dal Patto di stabilità e crescita. L’attività di sorveglianza per il coordinamento delle politiche economiche[1] ha inizio con la pubblicazione di una tavola statistica, detta scoreboard, che riassume i valori di alcuni indicatori chiave riferiti al 2015, per ciascuno dei 28 paesi. Tali numeri sono presi a riferimento per la relazione sul meccanismo di allerta, nella quale si  individuano i Paesi che saranno sottoposti ad analisi più particolareggiate e complete (in depth review) per poi formulare raccomandazioni specifiche per gli Stati in cui si riscontrano squilibri macroeconomici eccessivi[2].

Un meccanismo un po’ farraginoso che, finora, non ha prodotto molti risultati concreti, ma che comunque consente di tenere sotto osservazione l’evoluzione di alcuni aspetti macroeconomici e individuare le criticità.

L’obiettivo dello scoreboard è quello di evidenziare gli squilibri macroeconomici, ovvero ogni tendenza che possa determinare sviluppi che hanno – o potrebbero avere – effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione. Se lo squilibrio diventa eccessivo può mettere a repentaglio il corretto funzionamento dell’Unione economica o monetaria. Il meccanismo di allerta per l’individuazione e il monitoraggio degli squilibri comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari (14 indicatori principali e  25 ausiliari)[3].
L’attuale quadro di valutazione considera due aspetti fondamentali di un Paese (tavola 1):

  • squilibri esterni e competitività (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esportazione, costi unitari del lavoro);
  • squilibri interni  e occupazione (prezzi delle abitazioni, flusso dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazione delle passività del settore finanziario, tasso di attività 15-64 anni, tasso di disoccupazione di lunga durata, tasso di disoccupazione giovanile).

Per i 14 indicatori principali sono state definite delle soglie indicative (massime e minime di allerta) utili per l’individuazione degli squilibri[4].

Tavola 1 – Indicatori principali per tipologia di squilibrio e valore limite
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Tavola 2 – Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici – Anno 2015
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Fonte: Commissione europea, Eurostat e DG ECFIN (per gli indicatori sul tasso di cambio effettivo reale)

Il quadro di valutazione preso a riferimento per il Semestre europeo 2017 (tavola 2) è riferito al 2015, anno in cui la ripresa economica nell’Unione europea, avviata nel 2014 (+1,6% di crescita del Pil), si è ulteriormente rafforzata  (+2,2%).

Nel 2015, Cipro si conferma il peggior Paese avendo oltrepassato il valore di soglia per ben 9 indicatori su 14, seguita da Irlanda e Grecia con 6, mentre Romania, Repubblica Ceca e Polonia superano i limiti consentiti solo in un caso. In Italia si evidenziano 5 squilibri relativamente alla quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi (perdita dell’8,9% in 5 anni), al debito pubblico in rapporto al Pil (132,3%), alla media triennale del tasso di disoccupazione (12,2%), alla variazione media triennale della disoccupazione di lungo periodo (+1,3%) e della disoccupazione giovanile (+5%).

Quando il livello di guardia è superato da numerosi paesi la situazione di criticità investe l’Unione Europea nel suo complesso; è il caso debito pubblico superiore al 60% del Pil (17 Paesi), dell’esposizione patrimoniale netta in misura maggiore del -35% del Pil (15), del debito privato superiore al 133% del Pil (13).

Il set di indicatori considerato non è sicuramente esaustivo per monitorare il quadro macroeconomico. Basti pensare all’assenza del “Tasso di interesse sul debito pubblico” che condiziona la sostenibilità del servizio del debito[5] o indicatori sulla situazione finanziario-patrimoniale del sistema del credito[6].
Eccezioni possono essere mosse anche rispetto alla qualità degli indicatori, atteso che non tutti derivano da statistiche omogenee derivanti dall’applicazione di un regolamento comunitario[7] o all’esistenza di correlazioni tra alcuni di essi.
Inoltre, non sembrano essere presi in debita considerazione gli effetti negativi di trasmissione sugli altri paesi dei guadagni di competitività registrati da alcuni per effetto di condizioni favorevoli o di una legislazione non uniforme.

Quali che siano le potenzialità e i limiti dell’attuale monitoraggio degli squilibri eccessivi, resta, comunque, il fatto che le tavole con gli indicatori non si prestano a facili raffronti tra paesi. Non è semplice capire, a parità del numero di violazioni, quale paese ha una  situazione macroeconomica migliore; come misurare l’intensità dello squilibrio o comprendere se un Paese sta migliorando o peggiorando nel tempo la propria situazione.

Per fornire una risposta a queste domande, è stato elaborato un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, attribuendo un punteggio ad ogni Paese[8]. L’indicatore sintetico può essere visto come uno strumento supplementare per controllare se le scelte effettuate dalla Commissione siano coerenti con lo sguardo d’insieme.

Il valore medio ottenuto sintetizza l’ampiezza dello squilibrio e può essere usato per il confronto con gli altri paesi (in termini di differenze o di ranking) o per valutarne l’evoluzione nel tempo. Attraverso questo indicatore è possibile anche acquisire ulteriori elementi utili a valutare quale paese sottoporre ad analisi approfondita (in depth review).

Tavola 3 – Indice sintetico di squilibrio macroeconomico – Anni 2006-2015
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Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea

A seconda del punteggio (tavola 3), i Paesi sono classificati in tre livelli di squilibri: assente (verde), presente (giallo) e eccessivo (rosso) [9].
La Romania, la Repubblica Ceca e la Polonia (tutti non appartenenti all’Eurozona) occupano i primi 3 posti di questa graduatoria.
Nel 2015 gli squilibri macroeconomici si sono ridotti notevolmente, grazie al recupero nella quota di mercato delle esportazioni[10] e soprattutto alla riduzione della disoccupazione giovanile e di lungo periodo, con 20 Paesi su 29 in fascia verde e 2 soli in fascia rossa (Grecia e Cipro).
La tavola rispecchia abbastanza fedelmente le situazioni di criticità di alcuni paesi europei. La Croazia, ad esempio, presenta dal 2010 al 2014 una situazione di squilibrio macroeconomico grave e persistente. Lo stesso si può sostenere per Portogallo (2006 e 2009-2014), Spagna (2008-2014), Italia (2010-2014), Irlanda (2008-2014), Grecia (2009-2015) e Cipro (2006-2015).

I 9 Stati Membri[11] per i quali la Commissione, nella Relazione 2017 sul meccanismo di allerta, non procederà ad altre analisi nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici, risultano nella fascia verde, ad eccezione di Belgio e Ungheria che, seppure di poco, sono nella fascia gialla.

Figura 1 – Punteggio standardizzato per tipologia di squilibrio per il 2015 e confronto con il 2014
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Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea

Nel 2015, l’indicatore sintetico di squilibrio macroeconomico presenta ampie differenze tra i paesi (figura 1).

La Romania (32 punti, 5 in meno dello scorso anno) ha in assoluto il miglior punteggio, mentre tra i Paesi dell’eurozona il primato spetta alla Germania (43). L’Italia, con 88 punti si posiziona al quartultimo posto, facendo meglio solo di Irlanda, Grecia e Cipro.

Sono 24 i paesi che rispetto al 2014 hanno ridotto in maniera più o meno consistente il loro squilibrio complessivo, mentre gli altri sono rimasti stabili o in leggero peggioramento.

Tavola 4 – Graduatoria dello squilibrio macroeconomico – Anni 2006-2015
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Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea – In marrone chiaro i paesi che non appartengono all’eurozona.

Un ulteriore elemento di valutazione è rappresentato dalla graduatoria dei paesi rispetto al punteggio conseguito (tavola 4). Si nota una maggiore concentrazione di Paesi non appartenenti all’area dell’euro nelle prime posizioni, mentre agli ultimi 7 posti si trovano solo Paesi dell’Eurozona.

La Romania che, dalla primavera del 2009, ha usufruito di un’assistenza finanziaria a supporto dei programmi di aggiustamento, ha fortemente ridotto i propri squilibri macroeconomici dovuti essenzialmente ai fattori esterni e alla competitività, balzando negli ultimi 2 anni al primo posto e conseguendo significativi miglioramenti nel tasso di cambio effettivo reale, il costo del lavoro per unità di prodotto, la disoccupazione di lunga durata e quella giovanile.

La Germania, che era saldamente al primo posto fino al 2011, è ora scivolata in quarta posizione, pur avendo nel 2015 migliorato la quota delle esportazioni di beni e servizi, che negli ultimi anni, a causa della perdita di competitività dell’Europa rispetto ai paesi emergenti, rappresentava uno squilibrio.

Tavola 5 – Punteggio standardizzato per indicatore di squilibrio macroeconomico – Italia – Anni 2006-2015
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Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea

L’Italia, che fino al 2007 era tra le prime 10 posizioni, è progressivamente precipitata verso il fondo della graduatoria (tavola 5).

Il punteggio medio ha toccato il suo minimo nel 2007 (59) e il massimo nel 2014 (152), mentre dal 2012 ben 5 indicatori superano il livello di attenzione.

Nel 2015 si registra un ampio recupero che riconduce l’indicatore sintetico ai livelli del 2009. La riduzione del punteggio medio è dovuta essenzialmente dei miglioramenti nei tassi di disoccupazione di lunga durata e giovanile che restano, però, largamente al di sopra delle soglie di allerta.

Gli squilibri interni e quelli relativi all’occupazione hanno preso decisamente il sopravvento a partire dal 2010, arrivando a spiegare il 77% del punteggio medio complessivo nel 2015.

Tra i fattori esterni e dovuti alla competitività l’unico squilibrio eccessivo è quello relativo alla quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi, un elemento critico per molti Paesi dell’Unione europea, ma in miglioramento nel 2015.

Tra i fattori interni emerge il debito pubblico (in continua crescita), ma anche quello del settore privato che, da alcuni anni, è prossimo alla soglia di riferimento (il 133% del Pil). Preoccupanti gli indicatori sul mercato del lavoro, con una crescita del tasso di disoccupazione (medio triennale) e valori negativi per la variazione media triennale del tasso di disoccupazione di lunga durata e giovanile.

Il punteggio relativo al flusso di credito verso il settore privato (in calo dal 2012) si è, invece, azzerato negli ultimi anni, in quanto il criterio utilizzato tende solo a evidenziare valori positivi troppo elevati e superiori alla soglia del 14%, indicativi di bolle speculative e trascura possibili situazioni di credit crunch.

Sebbene lo scoreboard abbia natura puramente indicativa e vada letto insieme ai 25 indicatori ausiliari e al quadro macroeconomico attuale, l’individuazione di squilibri eccessivi e la adozione di conseguenti misure correttive, possono trarre giovamento dalla trasformazione degli indicatori in un punteggio unico standardizzato per paese.

La decisione della Commissione europea di inviare un paese ad una analisi approfondita successiva, anziché su una base discrezionale motivata, come avviene ora con la Relazione sul meccanismo di allerta, potrebbe essere ricondotta a criteri più oggettivi come l’indice proposto, aggiungendo – se del caso – un peso legato all’importanza di ciascun indicatore rispetto agli altri[12].

Il superamento di un punteggio medio superiore a 70 (zona gialla o rossa), l’aumento del punteggio medio rispetto all’anno precedente (deterioramento dello squilibrio), il peggioramento relativo rispetto agli altri paesi (perdita di posizioni nella graduatoria), sono tre fattori che, grazie all’indicatore sintetico, evidenziano, presi singolarmente o nel loro insieme, la necessità di approfondire le cause di squilibrio e le conseguenze sull’economia del paese o dell’intera Unione europea.

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[1] I regolamenti per la governance economica  previsti nel pacchetto normativo “six pack” del 2011 definiscono anche la procedura per gli squilibri macroeconomici .

[2] Nell’attuale ciclo di sorveglianza la Commissione sottoporrà ad esame approfondito 13 Stati membri oltre alla Grecia che sta beneficiando di assistenza finanziaria.

[3] Nelle precedenti edizioni gli indicatori principali erano 11. A partire dal 2014 sono stati aggiunti 3 nuovi indicatori per osservare gli squilibri nell’occupazione e nello sviluppo sociale.

[4] Ovviamente, poi, gli indicatori selezionati sono e saranno sempre più oggetto di valutazioni approfondite in merito alla loro affidabilità.

[5] Tale dimensione poteva essere rappresentata attraverso lo spread, cioè il differenziale di rendimento rispetto ai Bund decennali della Germania degli omologhi titoli di stato nazionali oppure mediante il tasso di interesse implicito (nominale o reale), cioè il rapporto tra gli interessi corrisposti in un anno e lo stock di debito pubblico alla fine dell’anno precedente.

[6] Si potrebbe utilizzare un indicatore sull’entità dei crediti deteriorati (Non-performing loans).

[7] La scelta degli indicatori non è stata fatta in sede Eurostat ma c’è stato un coinvolgimento degli statistici sulla valutazione della disponibilità e confrontabilità degli indicatori.

[8] Il primo passo consiste nella standardizzazione dei 14 indicatori, assegnando un valore uguale a 0 in assenza di squilibrio e graduando in maniera crescente i valori in maniera tale da avere un punteggio uguale a 100 in corrispondenza della soglia di riferimento. Un punteggio prossimo a 100 indica che si sta per raggiungere o superare la soglia, uguale a 200 che si è sforata del doppio la soglia. Il punteggio standardizzato si ottiene effettuando il rapporto tra il valore dell’indicatore e la soglia indicativa e moltiplicando il risultato per 100. Per i due indicatori che presentano un intervallo di soglia compreso tra un valore negativo e uno positivo, è stato assegnato un punteggio uguale a 0 in corrispondenza del valore centrale dell’intervallo e valori crescenti in entrambi le direzioni.  Per il saldo delle partite correnti si ha 100 sia che si abbia un disavanzo del 4%, sia che si abbia un avanzo del 6% (in questo caso è stata utilizzata la differenza relativa anziché il rapporto). Per i due indicatori per i quali la soglia è differenziata a seconda dell’appartenenza o meno all’area dell’euro è stato considerato il valore richiesto per i paesi euro. Il secondo passo consiste nel calcolare la media aritmetica semplice dei punteggi standardizzati degli indicatori per ciascun paese.

[9] I valori soglia di riferimento per i tre livelli di criticità (assente 0-70, presente 70-100 e eccessivo >100) sono stati definiti in coerenza con le decisioni della Commissione Europea di sottoporre i paesi ad analisi approfondita.

[10] La sola Irlanda è balzata da una variazione quinquennale di -11,97% del 2014 a +38,26% del 2015, ma la maggior parte dei Paesi ha fatto registrare un miglioramento.

[11] Belgio, Ungheria, Romania, Regno Unito, Danimarca, Lussemburgo, Lettonia, Lituania, Lussemburgo.

[12] Se, ad esempio, si ritiene che il rapporto debito/Pil debba avere più importanza degli altri indicatori, si può costruire una specifica media aritmetica ponderata, anziché semplice. Tuttavia, in assenza di riscontri oggettivi, l’attribuzione di un peso maggiore a uno o più indicatori, può introdurre elementi di arbitrarietà e per questo motivo è stata preferita la media aritmetica semplice.  Il peso dovrebbe tenere conto anche delle correlazioni esistenti tra taluni indicatori.