di Franco Mostacci[1]
(l’articolo in versione pdf)
Lo squilibrio macroeconomico è ogni tendenza che possa determinare sviluppi macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione. Se diventa eccessivo può mettere a repentaglio il corretto funzionamento dell’Unione economica o monetaria.
Dopo la crisi finanziaria del 2008[2] è stato attivato un monitoraggio degli squilibri macroeconomici, che costituisce uno degli strumenti di sorveglianza per il coordinamento delle politiche economiche affidati alla Commissione europea.
Il meccanismo di allerta per l’individuazione e il monitoraggio degli squilibri comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari (14 indicatori principali e 25 ausiliari)[3].
L’attuale quadro di valutazione considera due aspetti fondamentali di un Paese (tavola 1):
- squilibri esterni e competitività (partite correnti, posizione patrimoniale netta sull’estero, tasso di cambio effettivo reale, variazione delle quote di esportazione, costi unitari del lavoro);
- squilibri interni e occupazione (prezzi delle abitazioni, flusso dei prestiti nel settore privato, debito del settore privato, debito pubblico, tasso di disoccupazione e variazione delle passività del settore finanziario, tasso di attività 15-64 anni, tasso di disoccupazione di lunga durata, tasso di disoccupazione giovanile).
Per i 14 indicatori principali sono state definite delle soglie indicative (massime e minime di allerta) utili per l’individuazione degli squilibri[4].
Tavola 1 – Indicatori principali per tipologia di squilibrio e valore limite
Ogni anno, a novembre, la Commissione europea pubblica uno scoreboard con i valori degli indicatori aggiornati all’anno precedente per ciascuno dei 28 paesi[5], la cui analisi si sofferma solo sull’anno considerato. Tali numeri (tavola 2) sono presi a riferimento nella relazione sul meccanismo di allerta nell’ambito del Semestre europeo, per individuare gli Stati membri che saranno sottoposti ad analisi più particolareggiate e complete (in depth review) per poi formulare raccomandazioni specifiche in quei paesi in cui si riscontrano squilibri macroeconomici eccessivi[6].
Tavola 2 – Quadro di valutazione della procedura per gli squilibri macroeconomici – Anno 2014
Fonte: Commissione europea, Eurostat e DG ECFIN (per gli indicatori sul tasso di cambio effettivo reale)
Nel 2014, Cipro ha oltrepassato il valore di soglia per ben 8 indicatori, seguita da Grecia e Spagna con 7, mentre Polonia e Romania superano i limiti consentiti solo in un caso su 14. In Italia si evidenziano 5 squilibri relativamente alla quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi (-14%), al debito pubblico in rapporto al Pil (132,3%), alla media triennale del tasso di disoccupazione (11,8%), alla variazione media triennale della disoccupazione di lungo periodo (+3,5%) e della disoccupazione giovanile (+13,5%).
Se il livello di guardia è superato da numerosi paesi vuol dire che esiste una situazione di criticità che riguarda l’Unione Europea nel suo complesso. Per effetto dell’avanzamento delle economie emergenti ben 18 paesi su 28 hanno perso più del 6% di quote di mercato delle esportazioni; 16 paesi hanno cumulato una esposizione patrimoniale netta in misura maggiore del -35% del Pil e altrettanti hanno un debito pubblico superiore al 60% del Pil.
Il set di indicatori considerato non è sicuramente esaustivo per disegnare le possibili cause di squilibrio macroeconomico. Basti pensare all’assenza del “Tasso di interesse sul debito pubblico” che condiziona la sostenibilità del servizio del debito[7] o indicatori sulla situazione finanziario-patrimoniale del sistema del credito[8].
Eccezioni possono essere mosse anche rispetto alla qualità degli indicatori, atteso che non tutti derivano da statistiche omogenee sottoposte a regolamento comunitario[9].
Inoltre, non sembrano essere presi in debita considerazione gli effetti negativi di trasmissione sugli altri paesi dei guadagni di competitività registrati in alcuni di essi, per effetto di condizioni favorevoli o di una legislazione non uniforme.
Quali che siano i limiti dell’attuale monitoraggio degli squilibri eccessivi, resta, comunque, il fatto che le tavole con gli indicatori non si prestano a facili raffronti tra paesi. Non è semplice capire, a parità del numero di violazioni, quale paese ha una situazione macroeconomica migliore; come misurare l’intensità dello squilibrio o comprendere se un Paese sta migliorando o peggiorando la propria situazione.
Per fornire una risposta a queste domande, è stato elaborato un indice sintetico di squilibrio macroeconomico, attribuendo un punteggio ad ogni Paese[10]. Un indicatore sintetico potrebbe essere usato come strumento supplementare per controllare se le scelte effettuate dalla Commissione siano coerenti con lo sguardo d’insieme.
Il valore medio ottenuto sintetizza l’ampiezza dello squilibrio e può essere usato per il confronto con gli altri paesi (in termini di differenze o di ranking) o per valutarne l’evoluzione nel tempo. Attraverso questo indicatore è possibile anche acquisire ulteriori elementi per valutare quale paese andrebbe sottoposto ad analisi approfondita (in depth review).
Tavola 3 – Indice sintetico di squilibrio macroeconomico – Anni 2005-2014
Fonte: Elaborazioni su dati Commissione europea
A seconda del punteggio (tavola 3), i Paesi sono classificati in tre livelli di squilibri: assente (verde), presente (giallo) e eccessivo (rosso) [11].
La tavola rispecchia abbastanza fedelmente le situazioni di criticità di alcuni paesi europei. L’Irlanda ad esempio presenta dal 2004 al 2012 una situazione di squilibrio macroeconomico grave e persistente. Lo stesso si può sostenere per Croazia, Portogallo, Italia, Spagna, Cipro e Grecia.
Tutti e 9 gli Stati Membri[12] per i quali la Commissione, nella Relazione 2016 sul meccanismo di allerta, non procederà ad altre analisi nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici, risultano nella fascia verde.
Figura 1 – Punteggio standardizzato per tipologia di squilibrio per il 2014 e confronto con il 2013
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea
Nel 2014, l’indicatore sintetico di squilibrio macroeconomico presenta ampie differenze tra i paesi (figura 1).
La Romania (33) ha in assoluto il miglior punteggio, mentre tra i Paesi dell’eurozona il primato spetta alla Slovacchia e alla Lituania (42). L’Italia, con 155 punti si posiziona al quartultimo posto, facendo meglio solo di Spagna, Cipro e Grecia.
Sono 16 i paesi che rispetto al 2013 hanno ridotto in maniera più o meno consistente il loro squilibrio complessivo (in particolare Grecia e Croazia), mentre gli altri sono rimasti stabili o in leggero peggioramento.
Tavola 4 – Graduatoria dello squilibrio macroeconomico – Anni 2005-2014
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea – In marrone chiaro i paesi che non appartengono all’eurozona; (*) la Lituania ha adottato l’euro dal 1° gennaio 2015.
Un ulteriore elemento di valutazione è rappresentato dalla graduatoria dei paesi rispetto al punteggio conseguito (tavola 4). Si nota una maggiore concentrazione di Paesi non appartenenti all’area dell’euro nelle prime posizioni, mentre agli ultimi 10 posti, ad eccezione della Croazia, si trovano solo Paesi dell’Eurozona.
La Romania che, dalla primavera del 2009, ha usufruito di un’assistenza finanziaria a supporto dei programmi di aggiustamento, ha fortemente ridotto i propri squilibri macroeconomici dovuti essenzialmente ai fattori esterni e alla competitività, balzando negli ultimi 3 anni ai primi posti e conseguendo significativi miglioramenti nel tasso di cambio effettivo reale, il costo del lavoro per unità di prodotto, la disoccupazione di lunga durata e quella giovanile.
La Germania, che era saldamente al primo posto fino al 2008, è ora scivolata in quarta posizione, soprattutto da quando è iniziata a diminuire la quota delle esportazioni di beni e servizi per effetto della perdita di competitività dell’Europa rispetto ai paesi emergenti.
Tavola 5 – Punteggio standardizzato per indicatore di squilibrio macroeconomico – Italia – Anni 2005-2014
Fonte: elaborazioni su dati Commissione europea
L’Italia, che fino al 2007 era tra le prime 10 posizioni, è progressivamente precipitata verso il fondo della graduatoria (tavola 5).
Il punteggio medio ha toccato il suo minimo nel 2007 (60) e il massimo nel 2014 (155), mentre dal 2012 ben 5 indicatori superano il livello di attenzione.
Gli squilibri interni e quelli relativi all’occupazione hanno preso decisamente il sopravvento a partire dal 2010, arrivando a spiegare l’83% del punteggio medio complessivo nel 2014.
Tra i fattori esterni e dovuti alla competitività l’unico squilibrio eccessivo è quello relativo alla quota di mercato delle esportazioni di beni e servizi, un elemento critico per molti Paesi dell’Unione europea. La posizione patrimoniale netta sull’estero, pur mantenendosi al di sotto del livello di attenzione è progressivamente peggiorata. Il tasso di cambio effettivo reale, che esprime la variazione dei prezzi al consumo in funzione delle fluttuazioni del cambio, è passato da valori positivi superiori al 5% nel 2004-2005 a valori negativi inferiori al -5% nel 2012 per poi azzerarsi.
Tra i fattori interni emerge il debito pubblico (in continua crescita), ma anche quello del settore privato che, da alcuni anni, è prossimo alla soglia di riferimento (il 133% del Pil). Preoccupanti gli indicatori sul mercato del lavoro, con una crescita del tasso di disoccupazione (medio triennale) e, soprattutto, della variazione media triennale del tasso di disoccupazione di lunga durata e giovanile[13].
Il punteggio relativo al flusso di credito verso il settore privato (-3% nel 2013) si è, invece, azzerato negli ultimi anni, in quanto il criterio utilizzato tende solo a evidenziare valori positivi troppo elevati e superiori alla soglia del 14%, indicativi di bolle speculative e trascura possibili situazioni di credit crunch.
Sebbene lo scoreboard abbia natura puramente indicativa e vada letto insieme ai 25 indicatori ausiliari e al quadro macroeconomico attuale, l’individuazione di squilibri eccessivi e la adozione di conseguenti misure correttive, possono trarre giovamento dalla trasformazione degli indicatori in un punteggio unico standardizzato per paese.
La decisione della Commissione europea di inviare un paese ad una analisi approfondita successiva, anziché su una base discrezionale motivata, come avviene ora con la Relazione sul meccanismo di allerta, potrebbe essere ricondotta a criteri più oggettivi come l’indice proposto, aggiungendo – se del caso – un peso legato all’importanza di ciascun indicatore rispetto agli altri[14].
Il superamento di un punteggio medio superiore a 70 (zona gialla o rossa), l’aumento del punteggio medio rispetto all’anno precedente (deterioramento dello squilibrio), il peggioramento relativo rispetto agli altri paesi (perdita di posizioni nella graduatoria), sono tre fattori che, grazie all’indicatore sintetico, evidenziano, presi singolarmente o nel loro insieme, la necessità di approfondire le cause di squilibrio e le conseguenze sull’economia del paese o dell’intera Unione europea.
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[1] Il lavoro riflette esclusivamente il punto di vista personale dell’autore e rappresenta un aggiornamento di un precedente lavoro pubblicato sulla Rivista di Economia e Politica.
[2] I regolamenti per la governance economica previsti nel pacchetto normativo “six pack” del 2011 definiscono anche la procedura per gli squilibri macroeconomici .
[3] Nelle precedenti edizioni gli indicatori principali erano 11. A partire dal 2014 sono stati aggiunti 3 nuovi indicatori per osservare gli squilibri nell’occupazione e nello sviluppo sociale.
[4] Ovviamente, poi, gli indicatori selezionati sono e saranno sempre più oggetto di valutazioni approfondite in merito alla loro affidabilità.
[5] La Commissione baserà inoltre la propria analisi su una serie di dati più nutrita per appurare se esistano squilibri, e se siano eccessivi, per formulare le opportune raccomandazioni d’intervento per ciascuno Stato membro.
[6] Nell’attuale ciclo di sorveglianza la Commissione sottoporrà ad esame approfondito 16 Stati membri oltre a Grecia e Cipro che stanno beneficiando di assistenza finanziaria.
[7] Tale dimensione poteva essere rappresentata attraverso lo spread, cioè il differenziale di rendimento rispetto ai Bund decennali della Germania degli omologhi titoli di stato nazionali oppure mediante il tasso di interesse implicito (nominale o reale), ovvero il rapporto tra gli interessi corrisposti in un anno e lo stock di debito pubblico alla fine dell’anno precedente.
[8] Si potrebbe utilizzare un indicatore sull’entità dei crediti deteriorati (Non-performing loans).
[9] La scelta degli indicatori non è stata fatta in sede Eurostat ma c’è stato un coinvolgimento degli statistici sulla valutazione della disponibilità e confrontabilità degli indicatori.
[10] Il primo passo consiste nella standardizzazione dei 14 indicatori, assegnando un valore uguale a 0 in assenza di squilibrio e graduando in maniera crescente i valori in maniera tale da avere un punteggio uguale a 100 in corrispondenza della soglia di riferimento. Un punteggio prossimo a 100 indica che si sta per raggiungere o superare la soglia, uguale a 200 che si è sforata del doppio la soglia. Il punteggio standardizzato si ottiene effettuando il rapporto tra il valore dell’indicatore e la soglia indicativa e moltiplicando il risultato per 100. Per i due indicatori che presentano un intervallo di soglia compreso tra un valore negativo e uno positivo, è stato assegnato un punteggio uguale a 0 in corrispondenza del valore centrale dell’intervallo e valori crescenti in entrambi le direzioni. Per il saldo delle partite correnti si ha 100 sia che si abbia un disavanzo del 4%, sia che si abbia un avanzo del 6% (in questo caso è stata utilizzata la differenza relativa anziché il rapporto). Per i due indicatori per i quali la soglia è differenziata a seconda dell’appartenenza o meno all’area dell’euro è stato considerato il valore richiesto per i paesi euro. Il secondo passo consiste nel calcolare la media aritmetica semplice dei punteggi standardizzati degli indicatori per ciascun paese.
[11] I valori soglia di riferimento per i tre livelli di criticità (assente 0-70, presente 70-100 e eccessivo >100) sono stati definiti in coerenza con le decisioni della Commissione Europea di sottoporre i paesi ad analisi approfondita.
[12] Repubblica Ceca, Danimarca, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Polonia, Slovacchia.
[13] Nel Progetto di relazione comune sull’occupazione della Commissione e del Consiglio del 26 novembre 2015, che accompagna la comunicazione della Commissione sull’analisi annuale della crescita 2016, si legge che l’Italia presenta tendenze molto preoccupanti per gli indicatori relativi alla situazione dei giovani sul mercato del lavoro, nonché sviluppi piuttosto problematici del tasso di disoccupazione generale e degli indicatori sociali.
[14] Se, ad esempio, si ritiene che il rapporto debito/Pil sia più importante degli altri indicatori si può costruire una specifica media aritmetica ponderata, anziché semplice. Tuttavia, in assenza di riscontri oggettivi, l’attribuzione di un peso maggiore a uno o più indicatori, può introdurre elementi di arbitrarietà e per questo motivo è stata preferita la media aritmetica semplice.