Come cambiano i conti pubblici del 2015 con la nota di aggiornamento al Def

di Franco Mostacci

nota_def2015

Con la pubblicazione della nota di aggiornamento al Def è possibile stilare un preconsuntivo per il 2015.

Secondo quanto si apprende dal documento di programmazione economica, l’anno in corso si chiuderà con una crescita dello 0,9%, maggiore dello 0,7% previsto nel Def di aprile. Il risultato, migliore delle attese, è ascrivibile soprattutto a condizioni esterne favorevoli (deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, consistente ribasso del prezzo del petrolio, riduzione dello spread), piuttosto che al processo di riforme avviato dal Governo.

I toni trionfalistici usati in questi giorni dal premier Renzi non sembrano, però, tenere conto della situazione dei conti pubblici, che si sono deteriorati rispetto al Def di aprile a causa della minor crescita nel 2015 del Pil nominale, che lascia sul terreno 3,9 miliardi di euro.

Nei pochi mesi intercorsi tra il Def e la Nota di aggiornamento al Def numerosi sono stati i ritocchi nelle voci che compongono i conti pubblici (figura 1).

 

Figura 1 – Conti pubblici anno 2015 secondo il quadro tendenziale (milioni di euro)
2015_notadef_fig1a
Fonte: elaborazioni su dati Ministero Economia e Finanze

Le entrate aumentano di 2,7 miliardi di euro, ma crescono anche le uscite di 4,4 miliardi di euro (di cui 645 milioni di euro di maggior spesa per interessi).

L’avanzo primario si riduce di 1 miliardo di euro e l’indebitamento netto peggiora di 1,6 miliardi di euro; migliora, invece, di 1,6 miliardi di euro l’indebitamento strutturale, a seguito della revisione al ribasso dell’output gap, che si discosta di mezzo punto percentuale dalla stima di primavera della Commissione europea.

Tra le entrate tributarie aumentano le imposte dirette (Irpef, Ires, ecc.) e diminuiscono le indirette (Iva, accise sui carburanti, ecc.). Il monitoraggio mensile mostra, però, che mancano all’appello svariati miliardi per raggiungere l’obiettivo previsto per il 2015.

Aumentano, invece, di quasi 2 miliardi di euro i contributi sociali e – di conseguenza – la pressione fiscale crescerà di altri due decimi, toccando il 43,7%.

Tra le uscite diminuisce la spesa per le pensioni, nonostante i pagamenti degli arretrati conseguenti alla sentenza della Corte costituzionale, che ha giudicato illegittimo il blocco della rivalutazione automatica decisa a suo tempo dal governo Monti. In calo di 2 miliardi di euro anche le altre prestazioni sociali.

In aumento tutte le altre voci di spesa. Crescono di quasi 3 miliardi di euro gli altri trasferimenti; di 1,3 miliardi di euro le altre uscite correnti, di circa 800 milioni di euro gli ivestimenti fissi lordi e i consumi intermedi.

Un discorso a parte merita la spesa per interessi, rivista in rialzo non solo per il 2015, ma anche per gli anni a venire. Da qui al 2019, si prevedono esborsi per 357 miliardi di euro, quasi 12 miliardi in più di quanto indicato nel Def di aprile.

Le revisioni effettuate dal Governo si riflettono anche sui saldi di finanza pubblica (figura 2).

Figura 2 – Saldi di finanza pubblica – anni 2008-2015 (milioni di euro e valori percentuali)
2015_notadef_fig2a
Fonte: elaborazioni su dati Ministero Economia e Finanze

Se le entrate tributarie raggiungeranno il target previsto, l’indebitamento netto dovrebbe attestarsi al 2,6%.

Il debito pubblico dovrebbe aumentare di 36,5 miliardi di euro rispetto al 2014 (1,4 miliardi più del previsto), a patto che il raccordo disavanzo-debito risulti positivo per 6,3 miliardi di euro. Il rapporto debito/Pil è rivisto in rialzo al 132,8%.

Nonostante i messaggi rassicuranti contenuti nella Nota di aggiornamento al Def, la situazione dei conti pubblici  tra aprile e settembre si è deteriorata, costringendo il Governo a rivedere in peggioramento le stime per il 2015.