di Franco Mostacci
pubblicato sul Foglietto della Ricerca
Nel 2014, il dottor Paolo Weber fu nominato responsabile per la prevenzione della corruzione RPC (ex articolo 1 comma 7 della Legge 6 novembre 2012 n. 190) e responsabile per la trasparenza RT (ex articolo 43 del Decreto legislativo 14 marzo 2013 n. 33) dell’Istat, in virtù della sua carica di direttore generale reggente.
Con la nomina del nuovo direttore generale Tommaso Antonucci, con decorrenza 2 febbraio 2015, deliberata il 26 gennaio 2015 dal Consiglio dell’Istituto nazionale di statistica, gli incarichi di RPC e RT sarebbero dovuti automaticamente decadere.
Ciò non è avvenuto, atteso che da allora non è stato adottato alcun provvedimento e nella pagina ‘Amministrazione trasparente’ del sito internet dell’Istat gli incarichi di RPC e RT risultano ancora assegnati a Paolo Weber.
Quest’ultimo, che fino alla fine di gennaio era anche Direttore per l’attività amministrativa e la gestione del patrimonio, e nel frattempo è stato nominato Direttore del personale, nonché responsabile dell’Ufficio procedimenti disciplinari, appare la figura meno adatta a svolgere il ruolo di guardiano dell’anticorruzione e della trasparenza, sia ora che in caso di un’eventuale riconferma.
Il problema, che appare solo formale, acquisisce rilievo sostanziale nel momento in cui l’Istat non ha adottato, nel termine del 31gennaio 2015, il Piano triennale per la prevenzione della corruzione 2015-2017 e l’allegato Programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Atteso un tempo congruo per consentire all’amministrazione di mettersi in regola, Usi-Ricerca il 5 marzo scorso ha inoltrato una richiesta di accesso civico, ai sensi dell’articolo 5 del dlgs 33/2013 per chiedere la pubblicazione dei documenti mancanti.
Prima dello scadere dei 30 giorni previsti, il 2 aprile è arrivata una risposta dell’Istat, a firma del direttore del personale, che sembra avere dell’incredibile: “In riscontro alla richiesta in oggetto, su indicazione della Direzione Generale si comunica quanto segue. Non essendosi ad oggi insediato il nuovo Consiglio ed in considerazione dell’avvicendamento determinatosi nell’incarico di Direttore Generale, non è stato sinora possibile adottare il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione 2015-2017”.
Appare ben strano, infatti, che il Consiglio dell’Istituto, il cui mandato è scaduto il 22 dicembre 2014, avesse la facoltà di deliberare la nomina del nuovo Direttore Generale, ma non l’adozione del PTPC e, in ogni caso, di tale impossibilità a deliberare non sembra esserci traccia nei verbali del Consiglio.
Ma al di là della formale adozione, resta avvolta nel mistero anche la predisposizione del Piano medesimo, che, come da prassi, andava preventivamente sottoposto all’attenzione degli stakeholders, tra cui le organizzazioni sindacali, che nulla hanno finora ricevuto.
La norma, al riguardo, parla chiaro.
L’articolo 19, comma 5, lettera b) del decreto legge 90/2014 Legge 11 agosto 2014 n. 114, assegna all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) il compito di comminare una “sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000 e non superiore nel massimo a euro 10.000, nel caso in cui il soggetto obbligato ometta l’adozione dei piani triennali di prevenzione della corruzione, dei programmi triennali di trasparenza o dei codici di comportamento”
Inoltre, l’articolo 1 comma 8 della Legge 190/2012, statuisce che “…La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale”.
A Usi-Ricerca, non è rimasta altra possibilità che segnalare l’inadempienza all’Anac e all’Organismo indipendente di valutazione (OIV) dell’Istat, per l’adozione di provvedimenti di rito.